Sancho Panza, Ianez, Robin, Falcon, Groucho. Questi cinque soggetti hanno tutti in comune una cosa: sono spalle.
C’è un grande, un divo, un eroe, qualcuno che risplende alla luce del sole e che si prenda la gloria, loro no. Loro prendono le botte lo stesso, combattono lo stesso, ma restano in ombra. Probabilmente da soli non avrebbero neanche cucito la calzamaglia che indossano, ma forse neanche i loro partner sarebbero lì dove sono, nell’olimpo a bearsi del riflesso della propria luce e della luce dei flash fotografici, senza di loro.
La spalla è un ruolo duro, ma non per questo meno affascinante, non per questo dimenticato. Col passare del tempo gli estimatori di questa categoria si fanno sempre più numerosi; un po’ perché fa sempre radical-chic, un po’ perché questa figura davvero ha una poesia tutta sua, un po’ perché dopo anni passati a leggere le avventure dell’eroe principale ci si annoia, un po’ perché se l’eroe è tanto figo non può la sua spalla essere da meno.
E così, dopo 50 anni qualcuno si è accorto di Brian Epstein.

Sir Paul McCartney ci suggerisce chi guardare nella foto.

Liverpool, 19 settembre 1934. Nasce Brian Samuel Epstein, medio borghese di famiglia ebrea. I genitori possiedono un negozio di mobili proprio accanto a un negozio di strumenti musicali, Il North End Music Store, che rileveranno facendolo diventare anche un negozio di dischi. Brian non sarà un brillante studente, cambierà ben sette volte istituto per via degli scarsi risultati e, terminerà la propria carriera scolastica a 15 anni. Sarà arruolato dall’esercito e congedato con anticipo, si iscriverà alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra ma l’abbandonerà al terzo trimestre e tornerà a lavorare nel negozio di dischi dei propri genitori. Proprio al negozio la continua richiesta dei giovani clienti per un album tedesco dove figurano come band di supporto i “Beatle Boys”, i quali cantano una canzone dal titolo “My Bonnie”, spinge Brian a saperne di più sugli interpreti scoprendo che si chiamano in realtà Beatles, sono di Liverpool e, suonano ogni sera al Cavern.
Così inizia la nostra storia, la più bella storia degli anni ’60, nella leggendaria notte del 1962 in cui Epstein e i Beatles svoltarono la propria esistenza e anche la nostra. Tutto sotto l’incessante pioggia di…

Il fumetto si apre poco prima del famoso incontro in realtà. Siamo a Liverpool, di notte, nei pressi del porto. Non molto distante c’è il Cavern dove stanno suonando gli scarafaggi, in un vicolo buio invece c’è Epstein, e un marinaio. Epstein è gay e cerca compagnia, il marinaio sembra starci, ma quando il giovane sarà abbastanza vicino invece di un bacio riceverà una serie di cazzotti, tanti da crollare a terra svenuto e in una pozza di sangue. A Londra essere Gay è contro la legge.
Questo è il primo di una serie di Leitmotiv che ci accompagneranno lungo tutto il fumetto. Gli altri sono la corrida, le pillole, le canzoni anni ’20 e Moxie.
Solitamente faccio molto spoiler, ma stavolta vorrei evitarlo perché mi piacerebbe lasciarvi intatto il piacere – lo stesso piacere che ho provato io – della lettura.
Il volume è un brossurato con copertina non rigida, facilmente sfogliabile ma anche abbastanza facile da graffiare e danneggiare.
Gli autori sono tre: Vivek J. Tiwary (testi), Andrew C. Robinson e Kyle Baker (disegni). Baker a dire il vero si occuperà solo di una piccola parte, quella delle Filippine, forse uno dei punti più alti e divertenti del fumetto.
Tiwary che ha lavorato molto con cinema e teatro e poco col fumetto riesce a non far avvertire la sua inesperienza per quasi tutta l’opera. Le tavole, i dialoghi e la sceneggiatura sono ben gestite e, nonostante una partenza forse un po’ lenta e un pochino ingenua, la storia ingrana presto e l’autore indo-americano riesce nel difficile compito di lasciare i Beatles sullo sfondo e far risaltare Epstein in tutta la sua stravagante personalità.
Confesso che, pur essendo uno sfegatato beatles fan, di Epstein sapevo poco: conoscevo la sua omosessualità e sapevo come era diventato manager dei Beatles, ma alla fine lui, come George Martin e altri, era sempre rimasto sullo sfondo, oscurato dall’immensa luce dei Fab-Four. Ma l’autore sa bene questo e sembra quasi mostrarcelo in una tavola: quella in cui «Eppy» vede i Beatles dal vivo al Cavern (beato lui).

Notare i colori caldi che circondano i Beatles e il freddo Buio in cui è collocato Epstein

Brian è subito folgorato dall’esibizione e annuncia Moxy, sua assistente, di voler diventare il loro agente, perché secondo lui quei ragazzi potranno diventare più grandi di Elvis.
Tiwary caratterizza bene anche le personalità dei 4 rocker: spensierati, sbruffoni, simpatiche canaglie, bisognosi di soldi e capaci di guadagnarli solo in un modo. Comincia la cavalcata di Epstein per promuovere i suoi clienti, e si rivedono qui gli esordi storici, compreso il leggendario provino fallito per la Decca Records (casa discografica inglese che ha prodotto moltissimi artisti di successo ma che tutti ricordano solamente per essere «quelli che hanno rifiutato i Beatles»).
Le tavole di Robinson riprendono fedelmente lo spirito dei mitici ’60 con tavole colorate e a tratti psichedeliche; psichedelia che raggiunge l’apice sul finale, nel momento in cui i Fab-4 apriranno le proprie menti con l’aiutino dell’LSD.
Lo stesso Epstein non è distante dall’uso di sostanze, come detto prima uno dei temi di ricorrenti è l’uso sconsiderato di farmaci (che porterà il produttore a una morte prematurissima) per combattere l’ansia e “le inclinazioni omosessuali”.

La storia però nel suo complesso è controversa. Ci sono aspetti eccessivamente sbandierati e altri addirittura completamente omessi. Ad esempio: quando Epstein ha conosciuto i Beatles il loro batterista era Pete Best, solo dopo è arrivato Ringo Starr, invece lui figura come membro sin dall’inizio. Altro punto è la figura di Epstein: di lui ci viene proposta un’immagine stravagante ma a suo modo eroica: omosessuale in tempi in cui, per questo, si poteva trovare la morte per strada o il carcere, se si era fortunati. Ingenuo sognatore ma anche instancabile faticatore, un po’ filosofo (bella la riflessione sulla figura del torero) e un po’ padre (per i 4 sciagurati musicisti). Eppure neanche un cenno sulle ombre e i vizi del protagonista: l’abuso di alcolici, la passione esagerata per il gioco d’azzardo (poker in primis), la pessima gestione manageriale dei Beatles (per la verità accennata in una pagina). Al contrario di quel che si possa pensare infatti Epstein non fece guadagnare granché ai Beatles durante la sua gestione, anche se senza di lui gli scarafaggi di Liverpool ci misero solo tre anni per sciogliersi nel peggiore dei modi.
Resta quindi questo grande dubbio: perché tacere questo quando invece, a mio giudizio, mostrare il protagonista in tutte le sue sfaccettature lo avrebbe reso un personaggio di incredibile spessore valorizzando l’opera intera e rendendola un possibile capolavoro?
Probabilmente la risposta è da ricercare nell’immenso amore dello sceneggiatore per Epstein, come ci viene confessato dallo stesso Tiwary nella postfazione. il Manager inglese è stato un faro di autentica ispirazione per lui e, come gli innamorati spesso fanno, anch’egli ha finto di non vedere i difetti del suo beniamino e di non mostrarceli.
Ne esce fuori un’opera comunque bella, godibile e innovativa. un’opera che si presta ad essere riletta più volte, non per ricercarvi nuovi dettagli sfuggiti a una prima lettura ma per rituffarsi nel piacere del mito dei Beatles e del loro istrionico produttore.
La storia passa dalla comicità al dramma spesso e volentieri, lasciando alla fine un sapore agrodolce irresistibile e patetico, soprattutto nel confronto finale con Moxy quando Brian ci svela la sua natura e i Beatles lanciano il loro messaggio di amore in diretta tv mondiale.
Per me che nella vita ho due grandi passioni, la musica e i fumetti, questo volume è l’apoteosi ed è qualcosa che terrò sempre felicemente sulla mensola di camera mia.
Per il resto del mondo si tratta di qualcosa di nuovo, un ingenuo ma diverso tentativo di raccontare una storia vera trasformandola in un fumetto, un vero fumetto, sfruttando con successo le peculiarità di questo mezzo.
In sintesi una scommessa felicemente vinta, qualcosa di non obbligatorio nel vostro bagaglio fumettistico ma che se non lo leggeste vi perdereste qualcosa di bello.

Per concludere pare uscirà anche un film tratto dalla Graphic Novel, diretto da Peyton Reed, i lavori dovrebbero cominciare quest’anno, ma le notizie sono davvero poche e difficilmente reperibili. Incrociamo le dita.

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I Consigli del Martedì: Il Quinto Beatle

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