Sei in libreria. Passeggi conscio del fatto che avevi fatto visita a quel posto anche il giorno prima e che, anche se le tue braccia si sono riposate e potrebbero reggere senza sforzo una nuova pila di libri, i soldi nel tuo portafoglio purtroppo non hanno facoltà rigeneranti. Che poi chiamare quel blocco di “Pagherò!” soldi è un eufemismo però poco male; la commessa alla cassa è carina e alle brutte hai rimediato una scusa per fare un po’ di cabaret non richiesto, prima di uscire a mani vuote.

Sei in libreria, dicevo, quando passando davanti al banco delle nuove uscite noti “Sam Zabel e la penna magica” di Dylan Horrocks; quel nome te lo ricordi: te lo eri appuntato anni prima quando segnasti Hicksville nella lista dei volumi da recuperare.
Inveisci contro te stesso per non riuscire a fare mai quello che ti proponi di fare e per il fatto che odi quando esce il seguito di qualcosa che avresti voluto leggere ai tempi quindi ti avvii mesto all’uscita, scordandoti anche di scherzare con la commessa. Continui a inveire.

Lo stesso pomeriggio ti ritrovi in biblioteca a… sì, diciamo studiare o comunque a fare qualunque cosa che definisca il girare furtivo tra gli scaffali in attesa di non si sa quale divina ispirazione o apparizione.
Fra un bighellonaggio e l’altro, sorpresa! Ecco spuntare Hicksville lì abbandonato su una mensola. Così solo, così triste e così gratis.
Lo studio matto e disperatissimo può aspettare mentre il volume di Horrocks ha aspettato anche troppo; così lo arraffi, lo sbatti sul tavolo con un certo autocompiacimento e lo inizi a leggere.

Il nostro neozelandese: Dylan Horrocks

 

Ecco, fossi stato Horrocks il racconto di prima non lo avresti fatto in quel modo. Certo avresti parlato comunque di te e saresti anche riuscito a imprimere nella narrazione le tue riflessioni e i pensieri scaturiti dal vissuto, ma ci saresti riuscito attraverso una storia di fantasia (fino a un certo punto) strutturata in modo da racchiudere organicamente i centri nevralgici della tua esperienza.

Hicksville è una sorta di racconto del racconto del racconto, in cui Horrocks fa confluire tutto il suo rapporto con il media fumetto e il modo in cui le nuvole parlanti gli abbiano condizionato la vita, nel bene e nel male.
Il fatto stupefacente è che, lungi dall’essere un mero resoconto del tipo “ombelicale”, la vicenda raccontata scorre come un bicchiere di sangria in un afoso Ferragosto: grazie a un gioco di racconti-cornice che si legano in maniera certosina uniti a un tratto che si presta completamente alla funzionalità della narrazione, Hicksville riesce a farsi leggere, senza alcuni difficoltà, a diversi livelli con il medesimo grado di soddisfazione.

Orario si chiusura: l’operatore della biblioteca ti fa presente che quel volume dovresti anche chiuderlo, ormai.
Poco male, del resto te lo eri già completamente divorato, ci puoi stare.
Ti avvicini alla stessa mensola da cui lo avevi preso e riponi Hicksville. Torni al tavolo, impugni la pena, estrai un piccolo quaderno dallo zaino, ti siedi e appunti Sam Zabel e le penna magica nella lista delle letture da recuperare.

Dubiti che i soldi si moltiplicheranno mai ma chissà… di biblioteche ne esistono tante!

 

 

*Note:

– Hicksville, edizione originale: http://hicksvillecomics.com/hicksville

– Intervista a Dylan Horrocks: https://conversazionisulfumetto.wordpress.com/2012/05/28/intervista-a-dylan-horrocks/

Hicksville di Dylan Horrocks

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