Mi piacevano i disegni.

I miei problemi con i fumetti, soprattutto quelli riguardanti il portafoglio, iniziano quasi sempre così: buona parte delle letture in cui mi imbarco sono direttamente legate alla bravura, o allo stile, del disegnatore.

Mi piacevano i disegni, dicevo, per questo ho deciso di provare i primi numeri della nuova serie di Uncanny Inhumans; purtroppo però non posso dire che le impressioni siano state incoraggianti: la storia infatti si riferiva a una vicende a me totalmente sconosciute, come lo erano del resto anche un discreto quantitativo di personaggi.

Certo, mi direte che probabilmente me lo sarei dovuto aspettare però se sull’albo leggo due strilli abbastanza poco fraintendibili come “numero uno” o “inizia qui”, capite bene che come minimo sarebbe legittimo parlare di paradossi editoriali, in casa Marvel (ma si potrebbe fare il medesimo discorso per la “distinta concorrenza”).

In ogni caso, da buon fumettofilo ossessivo patologico, non mi sono fatto scoraggiare e ho deciso di prendere di petto la situazione: di conseguenza ho recuperato tutto il materiale necessario a decifrare l’albo in questione – da quando leggere i fumetti è diventato un lavoro? – per cercare di orientarmi in quel diabolico marchingegno chiamato continuity.

Vediamo se ci sono riuscito.

Durante Infinity, forse il crossover supereroistico migliore degli ultimi anni (giusto per dare a Cesare quello che è di Cesare), Black Bolt, alle prese con un faccia a faccia poco simpatico con Thanos, fa detonare un ordigno che sparge per il mondo la fantomatica nebbia terrigena: la polvere dei cristalli che innescano la trasformazione negli esseri con DNA inumano nel sangue.

Le conseguenze sono notevoli: non solo Attilan, la capitale Inumana, precipita nel fiume Hudson ma una moltitudine di uomini, entrati a contatto con la nube, cominciano a mutare, manifestando poteri sopiti.
Come se non bastasse, la nebbia terrigena ha effetti rovinosi sui mutanti: non solo infatti rende sterili i portatori del gene X ma rischia a anche di causarli infezioni potenzialmente mortali.

Tutto questo si tramuta in materiale narrativo fecondo per gli sceneggiatori della grande M che ne approfittano per dare vita a una nuova serie dedicata.

E qui arrivano i primi problemi.

 

Akuma Lash

Il primo arco narrativo, dei tre che compongono Inhuman, sceneggiata da Charles Soule e disegnata tra gli altri da Joe Madureira, Ryan Stegman, si presenta con i migliori propositi: Black Bolt è scomparso, Medusa (la sua sposa) si sta preoccupando di ricostruire New Attilan accogliendo i nuovi Inumani, dall’altro lato fa la sua comparsa Lash, membro di un tribù inumana terreste rimasta distrutta in seguito all’esplosione della bomba (oltre che volto noto ai fan di Agents of S.H.I.E.L.D.), alle prese con il reclutamento di una sua personale squadra, con propositi discretamente belligeranti.

In pratica si ricrea una situazione simile alle primissime storie X-Men, con Medusa al posto di Xavier, Lash nelle vesti di Magneto, una serie di nuove leve a fare le veci della squadra di Scott Summers e uno stile di disegno accattivante per un pubblico giovane, seppur conforme a un gusto anni ’90.

Purtroppo però, andando avanti, la serie finisce per ripiegare su dinamiche usurate: Lash viene presto accantonato e fatto ricomparire solo nelle battute finali, i nuovi inumani perdono il ruolo di protagonisti e la storia torna a ruotare intorno ai soliti volti noti, schiacciata dalle consuete meccaniche di continuity.

Fra i nuovi personaggi, solo Reader, il simil-Gambit, riceve una caratterizzazione soddisfacente, a fronte anche di un design particolarmente centrato.

I testi di Soule presentano un livello altalenante: mescolando intuizioni potenzialmente interessanti a situazioni degne di un B-Movie.

Nonostante tutto, gli Inumani non arrestano la loro ascesa e in seguito agli eventi di Secret Wars, che non provo nemmeno a riassumervi per non disperdere le ultime briciole di sanità mentale, i figli di Attilan raddoppiano, conquistandosi due testate: All-New Inhumans e Uncanny Inhumans

 

Non è un segreto che Marvel/Disney, motivata dall’impossibilità di riappropriarsi dei diritti cinematografici degli X-Men attualmente in possesso di Fox, stia cercando di potenziare il brand degli Inumani nella speranza di modellare una valida alternativa ai mutanti (qualche malizioso potrebbe pensare addirittura pensare che i differenti effetti della nebbia terrigena su Inumani e mutanti siano un velato riferimento meta-testuale); in quest’ottica l’impostazione data ai primi albi di Inhuman era assolutamente funzionale: le storie più riuscite degli uomini X hanno affrontato con straordinaria efficacia tematiche come il razzismo, l’integrazione, il rapporto tra individuo e stato ma anche le problematiche adolescenziali o il ruolo dell’outsider nella società.

Una degli albi più belli del fumetto americano

Con il passare degli anni però, scanditi da una serie infinita di situazioni reiterate (ho perso il conto delle apparizioni della Phoenix’s Force o dei cavalieri arruolati da Apocalypse), gli X-Men sono rimasti incastrati in un meccanismo narrativo che li porta a rivivere periodicamente le medesime avventure, a discapito del rapporto privilegiato che erano riusciti a instaurare con la contemporaneità.

Visti i presupposti, gli Inumani avevano la possibilità di riconquistare l’originaria freschezza, in un periodo storico in cui integrazione e problemi razziali sono argomenti di assoluta attualità, al centro del dibattuto legato ai rifugiati di guerra e ai flussi migratori.

Sembra però che la strada intrapresa sia ancora una volta quella della cautela: la paura è quella di perdere i lettori storici, ancora detentori del maggior numero di abbonamenti, affezionati a determinati personaggi e determinate dinamiche.

Questo non toglie che si intraveda comunque qualche timido tentativodi sondare il terreno in altra direzione: in All-New Inhumans, sceneggiata da James Asmus e disegnata dal nostro sempre valido Stefano Caselli, si approfondiscono le caratterizzazioni dei ragazzi trasformati dalla nebbia in seguito agli eventi di Infinity, inoltre si prova portare la collana sui binari dell’attualità, distaccandosi dalle beghe “famigliari” di cui sono intrise invece le pagine della collega Uncanny. Nei primi numeri infatti, la delegazione delle nuove leve Inumane, guidata dall’esperta Crystal, incontrerà, in un ufficiale colloquio diplomatico, il dittatore della Repubblica socialista di Sin-cong, volutamente ritratto in maniera simile a Kim Jong-un, finendo poi per indagare sulle politiche dubbie del despota in materia di sperimentazione militare, in particolare quelle legate proprio ai recenti mutati.

Senza scadere in un’eccessiva politicizzazione dei fatti, Asmus riesce a sceneggiare una storia perfettamente integrata nel contesto sociale contemporaneo, gestendo in maniera consapevole il ritmo dell’azione e l’accessibilità; Complice lo stile dinamico e lo storytelling sempre chiaro di Caselli, ci si ritrova tra le mani un fumetto perfetto per un pubblico di nuovi lettori, adatto anche ai più giovani.

Dovendo quindi provare a tirare le somme, la sensazione è quella di una Marvel ancora tentennante, almeno dal punto di vista della produzione fumettistica, sulla sua linea editoriale: si percepisce la volontà di tenere il piede un due scarpe, comandata dalla paura di perdere un bacino sicuro di affezionati e dall’insicurezza sul riuscire a conquistarne di nuovi.

Quando la casa delle idee tiene fede non tanto alla sua storia, quanto ai principi su cui è stata edificata (super-eroi con super-problemi, in dialogo costante con il mondo esterno) riesce ancora a pubblicare titoli interessanti e dal buon potenziale ( come i primi archi narrativi di Inhuman e All-New Inhumans); quando invece resta attorcigliata su se stessa per accontentare gli zeloti più oltranzisti (tutto lo sviluppo di Inhuman e l’attuale Uncanny Inhumans) vengono fuori le magagne.

Su una cosa però la grande M resta ancora inattaccabile: la varietà e la competenza dei disegnatori delle sue testate.
Non per niente, discorsi a parte, il mio problema resta sempre il medesimo:

Mi piacevano i disegni.

 

 

Inumani – Tempo di bilanci
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