In un articolo di qualche tempo fa, parlando di Black Monday di Jonathan Hickman, ho cercato di descrivere le problematiche di un modo di sceneggiare fumetti che, per quanto strutturato e ben congegnato, finisce per annullare le peculiarità del medium stesso, trasformandolo in qualcosa dallo sviluppo simile a un serial televisivo: una produzione in cui il susseguirsi delle vignette sulla pagina risulta speculare all’alternarsi di scene su uno schermo.

Questa volta vorrei invece trattare due titoli di fattura opposta, accomunati da un minimo comune denominatore: un protagonista enorme che brandisce una spada ancora più enorme.

Quando si parla di “spada enorme” il pensiero ritorna sempre all’Ammazzadraghi, è inevitabile.
Il re di spade

The Rust Kingdom è l’ultimo fumetto di Spugna (Una brutta storia), edito da Hollow Press, descritto così da Evil Monkey, sulla pagine di Fumettologica:

The Rust Kingdom non ha nulla di spassoso. Si tratta di una narrazione epica davvero cupa, dove la violenza è il motore principale degli attori coinvolti nella vicenda. Mostruosità su mostruosità si susseguono, spesso in maniera quasi meccanica. Si tratta per lo più di ammassi deformi di muscoli e denti che aprono in maniera brutale altri ammassi deformi di muscoli e denti. E quando non lo stanno facendo significa che a) qualcuno si sta trasformando in qualcosa di ancora più butto b) qualcuno sta mangiando qualcun altro c) il protagonista sta vagando in ambienti enormi e desolati. Fine.

Si tratta di una narrazione ultracompressa, comprensibile anche solo sfogliando il volume senza soffermarsi sui balloon di testo, dove un fantasma nero, in grado di evocare spade di ogni forgia dagli abissi nascosti del suo mantello irragionevole, calpesta una terra estinta sterminando schiere e schiere di agglomerati di carne più o meno mostruosi, a ritmo di una danza di sangue e viscere.

Uso il termine narrazione perché Spugna riesce a pestare in un recipiente tanto angusto un’epica macabra e disturbata che ricorda – non so fino a che punto volontariamente – sia gli episodi più selvaggi del ciclo del Campione Eterno di Michael Moorcock, sia creazioni recenti, altrettanto violente, come Afro Samurai di Takashi Okazaki.

Chiunque abbia amato la saga delle Cronache di Corum si ricorderà La regina delle spade.

Nonostante i tempi di lettura fulminei, l’agglomerato “weird, dark e creepy” che prende il nome di The Rust Kingdom funziona bene; funziona incredibilmente bene.

Spugna si abbandona a una mattanza senza quartiere o ritegno, ma il segno sorreggere l’impalcatura in ogni tavola, fornendoci tutti gli elementi necessari alla comprensione della storia. A sorprendere infatti è l’incredibile elasticità concessa dal fumetto, inteso come mezzo, che permette di sfrondare tutti i particolari superflui senza perdere nulla in quanto a semplicità di lettura.

Verrebbe spontaneo pensare a The Rust Kingdom come una perfetta via di mezzo tra l’osceno orgasmo tribale del Mad Max Fury Road di George Miller e la silenziosa violenza barbara del Valhalla Rising di Refn, ma sarebbe un errore: l’alchimia di The Rust Kingdom funziona solo in quanto fumetto, perché del fumetto sfrutta al meglio le possibilità, i tempi e le meccaniche; quindi, in una parola: la grammatica.

Il barbaro troppo poco barbaro

Non si può dire lo stesso, purtroppo, di Head Lopper, serie a fumetti di Andrew MacLean, pubblicata in America da Image Comics e ancora inedita in Italia, che pur presentandosi con i migliori presupposti, non riesce a mantenere le aspettative.

Norgal è un brutale ammazzamostri sempre accompagnato dalla testa petulante – recisa da lui stesso – di Agatha la stega blu, che viene assoldato dalla regina Abigail per uccidere lo stregone appena risorto nell’isola di Barra.

Nonostante lo stile di disegno minimale che fa il verso al più sintetico dei Mike Mignola, saccheggiando soluzioni di composizione della tavola al David Aja di Iron Fist e Hawkeye (giusto per fare due esempi), la narrazione nel complesso risulta prolissa, per niente in linea col tratto adottato e fortemente debitrice degli stilemi della Sword & Sorcery più classica.

Di conseguenza, le esplosioni di violenza, presenti in gran numero, sembrano più parti incollate, momenti di show indipendenti, che pezzi effettivi di un unico puzzle.

Peccato, perché in Image si era già visto qualche esperimento interessante con il genere fantasy – tutto il progetto 8House di Brandon Graham o anche Sovereign di Paul Maybury e Chris Roberson – e le anteprime di Head Lopper, come la presenza di una testa ciarliera tra i comprimari, lasciavano pensare a qualcosa di più simile ad Adventure Time che a Conan il Barbaro – personaggio per cui, per fugare ogni equivoco, nutro il massimo rispetto, ma se penso agli autori di riferimento di Conan penso a John Buscema e a Barry Windsor-Smith, non a Patrick McHale.

“Allora il nostro si scagliò contro l’incredibile bestia, scattando prontamente sotto il suo ventre per squarcialo con la sua titanica lama.” Ecco, l’effetto è più o meno questo.
There Will Be Blood

Per riagganciarsi al discorso d’apertura, The Rust Kingdom è l’esempio perfetto di come il fumetto permetta soluzioni narrative valide anche in contesti in cui la storia non sembra (apparentemente) essere il punto centrale della questione o senza fare ricorso a sceneggiature costruite su un modello derivato (cinematografico o televisivo); i conti invece non tornano quando, come in Head Lopper, segno e testi sembrano andare in direzioni discordanti, disorientando un lettore che si ritrova così, privo di bussola, a tastare con lo sguardo le vignette della tavola, incapace di apprezzare il quadro complessivo.

Uomini in armi – Due parole su The Rust Kingdom e Head Lopper

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