Eh sì, proprio lui: Massimo Carnevale.
Eh sì, proprio lui: Massimo Carnevale.

Se non siete vissuti su Marte e si vi è capitato, anche solo per sbaglio, di navigare in rete nell’ultimo anno saprete sicuramente cosa sia Orfani. In caso contrario:

Per una rilevante parte della mia esistenza Sergio Bonelli Editore è stato sinonimo di: pomeriggi a casa di nonna e nonno. A fare compagnia a Skorpio e a Lanciostory infatti, sulla scrivania del nonno, c’erano sempre un numero di Tex e uno di Mister No, che, ingenuamente, pensavo mi fossero preclusi (scemo lo sono, però sulla copertina di Skorpio c’erano sempre “le donnine”, comprendetemi). Eura Editoriale e Bonelli erano quindi le case che abbinavo ai fumetti per adulti. A me PK e L’Uomo Ragno (no, non ne sono nostalgico, preferisco Spider-Man), a nonno Mister No e Tex. Questo bastava a preservare l’equilibrio delle cose nella mia giovane mente. Passano gli anni, arriva Dylan, Dampyr, i Romanzi a fumetti, ultimamente anche Le Storie, e il mio rapporto con la Bonelli muta. Mi faccio un quadro più completo delle cose, comincio a usufruire dei prodotti di mio gradimento e, non ultimo in ordine di importanza, invecchio. Sì perché, per quanto trovassi nell’universo Bonelli storie interessanti, dentro di me conservavo la medesima idea che mi ero coltivato da bimbo: questa è roba da grandi. Il fatto che, nonostante tutti i miei sforzi per impedirlo e i tentativi falliti con il Voodoo, continuassi a crescere però mi permetteva di comprare i bonellidi senza rimorsi, passeggiando sulle orme del nonno (ogni tanto mi sono concesso anche uno Skorpio con le donnine in copertina, pensate un po’).

...Che poi il nonno alla fine lo capivo.
…Che poi il nonno alla fine lo capivo.

Perché questo lungo preambolo? Unicamente per farvi capire perché quando Roberto Recchioni annunciò sul suo blog il progetto Orfani rimasi bloccato davanti allo schermo, immobile come una statua di sale. Orfani era esattamente il tipo di fumetto che avrei disperatamente voluto leggere a quindici anni quando passavo le mie domeniche pomeriggio a distruggermi i bulbi oculari con gli amici in LAN a Halo 2 su X-Box (e cecchinavo alla grande, #sapevatelo).
Altro che un fumetto per grandi, Orfani era il mio sogno di adolescente diventato realtà. Le mie certezze sbriciolate con solo un’anteprima e il mostriciattole dell’hype che inizialmente si presentò come gremlin asciutto, per poi mostrare, a poco a poco, il suo vero volto un giorno dopo l’altro.
Passano i mesi, mi nutro di notizie e immagini promozionali, comincio a temere di venire annientato dalle aspettative: temo che il prodotto finale mi possa deludere e che la mia esaltazione iniziale sia stata esagerata (in effetti correre per il parco urlando di gioia, durante un temporale, vestito solo con la vestaglia di Stallone in Rocky e le ciabatte di Master Chief non è stata proprio “la giocata”), ma poi ripenso alla gioia provata, a come mi aveva fatto sentire anche solo l’idea di potere stringere tra le mie mani un simile fumetto e mi calmo. Con me Bonelli aveva già vinto. Mi aveva riportato ad avere quindici anni. Si era forgiata un’immagine completamente diversa nella mia mente. Visto lo stato delle cose, l’unica azione che potevo compiere era inserire nel lettore il dvd di Mercenari 2 e aspettare tranquillo.

Infine il giorno, 16/10/13, è arrivato:

– “BRUCIAMMO”

Il numero #0, distribuito gratuitamente all’interno del circuito Gamestop, qualcosa aveva fatto intuire, ma le prime pagine del volume lasciano ugualmente di stucco. Dopo avere voltato la copertina di Massimo Carnevale, il fumetto mostra subito i muscoli. La colorazione, a opera di Lorenzo de Felici e Annalisa Leoni, è qualcosa di strabiliante: gli effetti di luce, l’equilibrio raggiunto nel gioco di ombre, lo “pseudo-particellare” che coinvolge gli edifici oggeto della devastazione, tutto curato in maniera certosina. Ci si rende subito conto di leggere un albo che non sfigurerebbe affatto vicino alle produzioni di punta Marvel/Image/Dark Horse/DC (cito queste perché i miei disegnatori preferiti stanno qui dentro, per le accuse di esterofilia sportello n.6, grazie). Globalmente parlando, la prima sensazione è paragonabile a quando sfogliai per la prima volta Ultimates di Mark Millar e Bryan Hitch. La cosa strana è che non ci potrebbero essere due disegnatori più diversi di Hitch ed Emiliano Mammuccari (disegnatore di questo primo numero, nonché co-creatore della saga). Se il tratto dell’artista inglese infatti è tutto teso alla spettacolarizzazione, alla ricerca della posa plastica, al riempire la tavola di elementi e dettagli in modo da ubriacare il lettore fino a farlo sentire come un boxeur suonato, il lavoro di Mammuccari è invece essenziale, dannatamente dinamico, giocato su linee brevi e incisive. Una tavola leggera, facile da leggere, “illuminata” (è proprio il caso di dirlo) da dei colori hollywoodiani. Due modi completamente diversi di perseguire lo stesso scopo: lo spettacolo.

Per una disamina tecnica e accurata della parte grafica del volume rimandiamo a:  http://www.lospaziobianco.it/92571-orfani-recchioni-mammucari-linguaggio-bonelli

Ritmo, luce e dinamismo. Ecco gli elementi costitutivi di Orfani.
Ritmo, luce e dinamismo. Ecco gli elementi costitutivi di Orfani.

“NOI NON FACCIAMO ARTE. NOI FACCIAMO CADAVERI.”

Fantascienza bellica. Questo è il genere di Orfani. Questo il genere alle cui regole lo sceneggiatore sceglie di giocare. I protagonisti del gruppo ricalcano infatti diversi archetipi più o meno riconoscibili (e, perché no, anche qualche classe opzionabile da sparatutto in prima persona) che si muovono in un’ambientazione caratterizzata unicamente con informazioni essenziali per il racconto. Il resto è lasciato al lettore, che completerà il quadro con le sue esperienze e i suoi incontri pregressi con altri esponenti del medesimo genere. Sì, perché, l’unica critica che mi sento di muovere a questo primo numero è che la serie mostra subito di essere indirizzata a un target preciso. Le influenze estetiche, lo stile e il taglio dato alla narrazione non mentono: Orfani è per chi mangia latte e Jason Statham a colazione, per chi non si sente soddisfatto se non ha chiuso la giornata con qualche headshot (virtualespero), per chi quando va alla cassa per pagare, in libreria, chiede anche i post-it per tenere il conto del numero dei morti nel romanzo.
Chiariamoci: questo, per chi sta scrivendo l’articolo, è tutto grasso che cola, ma per un lettore poco avvezzo a un simile approccio potrebbe essere una scocciatura.

Lo puoi anche leggere in macchina volendo
Lo puoi anche leggere in macchina, volendo.

La sceneggiatura di Orfani va di pari passo con le scelte prese per la parte grafica. Le scelte di regia valorizzano la spettacolarità delle scene. La lettura, che si svolge più orizzontalmente che verticalmente, è rapida e il ritmo martellante. I dialoghi sono maggiormente presenti nella prima parte, quella che narra le vicende del gruppo di ragazzi appena formato, nella seconda invece si riducono notevolmente lasciando quasi completamente all’azione il ruolo da protagonista. In entrambi i casi, comunque, gli scambi di battute sono brevi, chiusi spesso con frasi a effetto o, addirittura, con poche parole lapidarie, e va bene così. Del resto non ho mai visto grossi monologhi interiori nei film di Schwarzenegger anni ’80/’90.

“SIAMO SOLDATI, PROPRIO COME VOI”

Orfani promette una cosa, e quella cosa riesce a farla benissimo. Si tratta di un fumetto montato con una quantità stupefacente di mestiere, in cui ogni autore ha messo le sue doti al servizio della causa. Mantenere costante questo livello qualitativo per il resto della saga sarà dura, ma, per adesso, si può solo andare in edicola, comprare e godere. Ora scusate ma lo scudo si è ricaricato, è tempo di fraggare qualche alieno.

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Cazzo, quanto è bello avere quindici anni!

 

Orfani #1 – “Iniettatemelo direttamente nelle vene”

3 pensieri su “Orfani #1 – “Iniettatemelo direttamente nelle vene”

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