ATTENZIONE: se siete in cerca di una recensione vecchio stile, mi dispiace per voi: anche io bramerei molte cose (il numero 5 di Eden, un distributore gratuito di t-shirt, un dodo) ma nella vita non si può sempre avere tutto; quindi adesso fate i bravi e andate a giocare con il tombino più vicino.
Sei su una navicella mai vista prima, con un leggero prurito alle mani e lo stomaco che manifesta il suo disappunto per motivi a te ignoti. Vicino a te volti sconosciuti, intabarrati, muniti di casco e equipaggiati a dovere per andare alla guerra, compreso un singolare jetpack avveniristico montato dietro, all’altezza della cintura. La medesima tua dotazione, ora che ci fai caso.
Un singolare robottino, molto poco inquietante, ti fa cenno di alzare il culo senza stare a badare ulteriormente al look, che il portellone dell’astronave si sta aprendo minacciosamente.
Ti butti.
Quanto tocchi terra ti ritrovi in una città sconosciuta situata chissà dove. Non sai chi o cosa sei, ma quelli vestiti come te corrono a più non posso e, sul momento, ti sembra l’unica cosa sensata da fare.
La tua velocità aumenta esponenzialmente, il mitra imbracciato è leggero e non ostacola la tua avanzata: senti le gambe sciogliersi e il tuo peso diventa sempre più ininfluente. Salti.
Il piccolo jetpack, come vivo, ti assiste: scopri di potere rimbalzare sui muri; l’attrito è poca cosa e rivaluti le strutture sulla tua strada, ragionando non più orizzontalmente ma verticalmente. Non vedi più una semplice città, adesso ti sembra più un parco giochi e quasi ti scordi i tuoi compagni di corsa.
Due rumori secchi in lontananza scoppiano in un attimo. Una scia bianca si dissolve nell’aria. Sei a terra, esanime.
Ecco a cosa serviva quel mitra.
Ok, adesso hai capito: fine del riscaldamento. Riprendi da un punto non ben definito sempre localizzato in quella stessa città, francamente troppo grande perché tu possa capirne le dimensioni. Torni a correre. Scali rapidamente i primi edifici che ti trovi davanti, ascolti i rumori di proiettili che rimbalzano da ogni direzione e quando pensi di avere individuato un nugolo di nemici imbracci il fucile e ti lanci dall’alto.
Non sapresti bene dire in cosa differiscano gli altri rispetto a te, ma quando vanno giù è veramente un piacere. Trivellato il povero malcapitato che si era ritrovato sulla tua strada ti volti, come d’istinto, e sferri un calcio secco verso quello che somiglia tanto al robottino che ti aveva invitato a catapultarti in quell’inferno poco tempo prima: poco male, non fa molto differenza. Un altro rumore secco; sei di nuovo a terra.
Hai fissato la carcassa del robottino un secondo di troppo.
Riprendi a correre; questa volta resti a terra ed eviti di esporti troppo saltando ovunque come uno fottutissimo “Jack dai tacchi a molla”. Ti infiltri dentro una casa. Il salone non offre nessuna opportunità utile quindi ti getti a capofitto per le scale. Al secondo piano noti un profilo appena accennato nel vuoto. Spari. Un cecchino in meno a giro per il mondo; nessuno piangerà anche se la mimetica non era male.
Una voce, da dentro il casco, ti avverte che il tuo “Titan” sarà pronto a breve; non hai nemmeno il tempo di provare a comprendere il significato di quelle parole che il palazzo viene scosso come da un terremoto. Ti sporgi, timoroso, dalla prima finestra che trovi, puntando il fucile verso nonsainemmenotecosa e…un gigante. Un colosso composto da scintillanti giunture di metallo ed enormi placche coprenti, con una specie di cabina di pilotaggio priva di feritoie, posta all’altezza della testa, se ne va beatamente a spasso, retto sue gambe meccaniche, per le vie esterne, impugnando un fucile lungo quanto una macchina da corsa.
Merda.
Eviti di farti abbrustolire da un missile vomitato da quel cannone appena in tempo. Sfruttando la spinta del jetpack riesci a raggiungere il tetto esattamente davanti alla finestra dalla quale avevi scorto quell’abominio. Sai che ti sta mirando nuovamente, ma non hai il coraggio di controllare. Corri a perdifiato; cerchi di sfruttare a tuo vantaggio un’alta torretta difensiva, a pochi salti di distanza, scalandola rapidamente, per aggiungere metri di distanza tra te e il tecnologico carnefice. Arrivato in cima, ti volto di scatto, per farti un’idea della tua attuale posizione e ti immobilizzo istantaneamente: davanti a te, ai piedi del lato opposto della torretta, un altro di quei mostri.
Sei spacciato.
Anzi, no.
L’altro bestione infatti sembra proprio non considerarti: il suo simile pare, piuttosto, essere, per lui, motivo di interesse.
I due ingaggiano battaglia: il frastuono è terribile e il polverone alzatosi non ti permette di osservare bene la situazione ma la resistenza che i due dimostrano alle rispettive munizione ti sembra, quantomeno, surreale.
Ti lanci nuovamente a terra, e cerchi di rintracciare, con il visore, un riparo veloce per evitare di essere schiacciato da quei due titani. Giusto…TITANI!
La voce nel casco ti viene a fare, nuovamente, visita, avvertendoti, questa volta, che il tuo “Titan” è finalmente pronto.
Lo chiami.
Da fuori era il peggiore dei tuoi incubi, ma ora che sei dentro, WOW, il discorso cambia. Cambia parecchio.
Interfaccia comprensibile anche da un neonato, missili montati a spalla, motori posteriori con capacità di accelerazione, dotazione difensiva equipaggiata sul braccio sinistro e fucile…questo sì che è un fucile.
La preda si trasforma in cacciatore: torni sui tuoi passi con andatura decisa, gli arti inferiori del tuo nuovo amico si muovono che è un piacere; ti ritrovi nuovamente in mezzo al fuoco degli altri due “Titans”, ma adesso puoi permetterti di fare da terzo incomodo.
Ricevi una scarica sul fianco destro, anche se riesci a limitare i danni scattando lateralmente, rispondi al fuoco testando il fucile. Il tuo rivale si trova presto accerchiato visto che il titano che ti eri ritrovato di fronte in cima alla torretta si unisce, presto, al tuo assalto. Giostri i tentativi di risposta al fuoco dell’avversario grazie alla dotazione difensiva e acquisti terreno sempre più velocemente.
Ormai non c’è più partita, è alle strette. Al sicuro dentro la capsula del tuo mastodontico destriero ti senti invulnerabile.
Avverti una botta proveniente dall’esterno della carena: qualcosa ti è appena piovuta addosso. Alzi la visuale ma non riesci a individuare nulla. I sistemi danno segni di malfunzionamento, discerno chiaramente il rumore di un mitra a me molto prossimo.
La cabina inizia a diventare bollenti, i circuiti fondono e lo schermo di colpo smette di trasmettermi le immagini esterne trasformandosi in un funesto specchio nero.
Non hai scelta: ti eietti.
Finalmente capisci: uno dei tizi vestiti come te era riuscito a montare sopra il tuo “mech” preferito e aveva anche trovato una comoda posizione per riempirlo di piombo, il bastardo. Riesci ad atterrare in una zona abbastanza distante senza romperti tutte le ossa. Poco male, dopotutto sei sempre vivo, ti basta ritrovare il gran bastardo e…un rumore secco. Una scia bianca si dissolve in lontananza. Sei a terra, esanime
Ok, adesso hai capito: si riparte a correre.