Nella mia testa, oggi, questa rubrica avrebbe dovuto ospitare un articolo diverso, ma gli eventi della vita hanno imposto un, dovuto, cambiamento nella mia scaletta: come si può leggere anche sul suo sito ufficiale, Hans Ruedi Giger ha abbandonato questo mondo, all’età di settantaquattro anni, lo scorso dodici maggio.
Noto al mondo per essere stato il creatore grafico (e uno dei realizzatori effettivi) degli xenomorfi del film Alien del ’79, con la regia di Ridley Scott, Giger è in realtà uno degli artisti più saccheggiati graficamente, nel panorama fantastico degli ultimi decenni.
Le sue opere si concentrano spesso sulla mescolanza di elementi organici, vivi, e materia artificiale, asettica oltre che priva di vita propria. Considerato il padre putativo dei biomeccanoidi, Giger inizia già a farsi notare dal mondo con il seminale Necronomicon del 1977.
Adesso chiudete gli occhi e provate a immaginare Akira senza le evoluzioni tecnorganiche di Tetsuo, pensate a tutto il panorama cyberpunk privato dell’umanizzazione delle macchine, chiedetevi se l’universo di Hellraiser avrebbe avuto lo stesso impatto spogliato delle sue perverse mostruosità, e così capirete perché Giger non è solo sinonimo di Alien.
Mi è difficile parlare di questo artista senza citare le occasioni in cui la sua influenza stilistica si è fatta sentire, perché personalmente sono arrivato a lui solo attraverso un processo di scoperta a ritroso: ho, fisicamente e cronologicamente parlando, amato e conosciuto prima i “figli spuri” e solo successivamente sono arrivato al padre.
Forse è proprio questa la forza dei lavori dell’artista svizzero: arricchire, a ogni creazione, un universo straordinariamente coerente e sterminato, capace di mantenersi personale ma di proporsi, anche, come serbatoio visivo a cui accedere continuamente.
L’atmosfera dell’universo gigeriano è permeata da una sorta di funebre religiosità: si ha le sensazione di trovarsi sempre davanti a una cerimonia, a un rito o a un’oscura evocazione. Allo stesso tempo resta costante il richiamo alla sessualità, con anatomie femminile confuse con gli altri elementi della composizione, utili a generare scenari perversi e di difficile interpretazione. Si resta affascinati dal quadro complessivo ma il tentativo di comprenderne i particolari, e quindi l’effettiva analisi delle diverse componenti, provoca disgusto e repulsione.
Non fu solo Scott ad avvalersi, direttamente, del talento dell’artista: Giger collaborò con diverse band musicali creando copertine tematiche o altri gingilli interessanti come uno speciale microfono per Jonathan Davis, frontman dei Korn.
Partecipò, con Moebius e altri artisti, alla realizzazione del famoso progetto cinematografico di Jodorowsky, che mai ha visto la luce, di Dune. Inoltre, curò la parte grafica dell’avventura grafica, per PC e console, Dark Seed, sviluppata da Cyberdreams nel 1992.
Negli ultimi anni della sua vita Giger si è dedicato all’allestimento del suo museo, situato nel borgo medievale di St.Germain, in Svizzera, e aperto al pubblico dal 20 giugno 1998; un contenitore “fisico” per delle opere che si ritrovano già contenute, almeno concettualmente, in molteplici altri prodotti di fantasia nati successivamente.
Per dirla alla Adriano Barone…
Volumi consigliati: H.R.Giger’s Neonomicon / H.R.Giger’s Retrospective: 1964-1984 / Arh+
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