Oggi l’appuntamento del Venerdì da retrogamers è con questo platform vecchio stampo a scorrimento orizzontale (tra l’altro il mio genere preferito in assoluto), uscito nel 1985 e sviluppato/pubblicato niente popò di meno che da Capcom per uno smisurato numero di piattaforme arcade e casalinghe.
Che dire su questo titolo: impersoneremo Arthur, un cavaliere dotato di armatura (you don’t say?) e lance, ed il nostro obiettivo sarà quello di salvare la nostra “amata” che è stata catturata dal cattivo di turno (un demone di nome Astaroth, viva la fantasia), tutto questo facendosi strada fra numerosi nemici attraverso sette livelli di difficoltà (ovviamente) crescente e con il classico boss alla fine di ognuno di questi.
Il gameplay del gioco è molto semplice: un tasto per saltare ed uno per tirare le lance, le quali possono essere sostituite da altre armi “droppate” da alcuni nemici.Ogni arma ha caratteristiche di danno e gittata diverse e, più che mai in questo gioco, è la più indicata per affrontare una particolare parte del livello, per cui spesso, come si fa per esempio in Metal Slug, dovremmo evitare di sostituire l’arma che già abbiamo.

Perchè scegliere di parlare proprio di questo gioco fra i millemila platform “old school” presenti nel mondo videoludico? Semplice, perché è DIFFICILE da fare schifo!!!
Ok con calma, ora vi spiego: di base si parte con due vite (o più a seconda della versione), ognuna delle quali viene persa dopo due colpi (il primo ci toglie l’armatura lasciandoci letteralmente in mutande, il secondo ci uccide): nel corso del gioco si possono trovare le armature che ci consentono di “rivestirci” recuperando quello che in genere viene indicato nei platform come un “cuore”. Se si perdono tutte le vite si può continuare dall’inizio del livello, mentre la perdita di una sola vita ci permette di ricominciare dall’ultimo checkpoint (uno solo a metà di ogni livello).
A questo punto voi direte: “Va beh dai, allora il gioco ti dà una grossa mano!”, vi garantisco che questo è il minimo che i programmatori potessero darci: i nemici sono tantissimi, “spawnano” continuamente da qualsiasi parte dello schermo e la maggior parte di loro non si sconfigge con un solo colpo, senza contare che ovviamente molti mostri sono volanti e altrettanti attaccano a distanza, e sto parlando solo dei nemici di base…vi basteranno pochi minuti per accorgervi che il modo migliore di giocare è quello di avanzare piano piano girandosi e sparando continuamente a destra e a sinistra, dato che lo stile speedrun e praticamente impossibile da applicare a questo gioco, a meno che non lo conosciate come le vostre tasche o siate asiatici (true story).
A tutto questo va aggiunta una particolare legnosità dei salti (in parte giustificabile per l’anno di uscita, ci mancherebbe eh) che ci farà bestemmiare non poco quando cadremo molteplici volte nei burroni e nell’acqua perchè non siamo riusciti a fare quel salto millimetrico che serviva, e stavolta non ci aiuteranno trick vari come doppi salti o altri aggiustamenti tipici dei platform moderni (come mosse a mezzaria e salti al muro): qui il salto è breve e ci farà gustare/odiare la vera difficoltà di questa tipologia di gioco a parer mio troppo semplificata negli anni.
Io vi invito caldamente a provare a portare a termine questo gioco se vi piace il genere ed amate le sfide, anche perchè alla fine… no va beh, questo non ve lo dico, se vi va lo scoprirete da soli.