Il 1° giugno 2014 esce, sull’emittente americana Amc, Halt and Catch Fire, un period drama ambientato nei primi anni’80 durante la rivoluzione dei Personal Computer (PC). Attualmente sono state messe in onda tre stagioni dello show, e il 10 ottobre 2016 è stata annunciata la produzione di una quarta e ultima.
Ancora non si sa l’uscita precisa, ma questo è un bene: abbiamo tutto il tempo di recuperarla e farci trovare preparati per il gran finale; dopotutto, Game of Thrones uscirà soltanto a luglio, dovremo pur ingannare l’attesa no?
Non fatevi fregare però da quella che sembra – anzi, è – una serie di nicchia: Halt and Catch Fire non è una serie difficile, non è per smanettoni, non è banale; insomma, non è un rincalzo.
Comincerete a guardarla come tappabuco durante la pausa della vostra serie preferita, e vi ritroverete con un’altra serie preferita; o quantomeno una serie da tenere sempre nell’hardisk, che non si sa mai…
Nata dalla penna di Christopher Cantwell e Christopher C. Rogers, e con Jonathan Lisco come showrunner, Halt and Catch Fire narra la storia di un tre personaggi: Joe MacMillan (Lee Pace), Gordon Clark (Scoot McNairy), Cameron Howe (Mackenzie Davis).
Joe è un venditore di computer, sexy, carismatico e dal passato oscuro. Lavorava per la IBM quando ha deciso che non voleva più vendere un PC qualsiasi ma il futuro. Così si è recato alla Cardiff (fittizia società di elettronica in Texas) e con l’inganno è riuscito ad avviare un progetto che porterà alla produzione del primo computer portatile della storia.
Ma per farlo ha bisogno innanzitutto di un costruttore, Gordon, brillante ma frustrato ingegnere della ditta che alle spalle ha un pesante fallimento di autoproduzione di un computer insieme alla moglie, Donna Clark (Kerry Bishé), che giocherà un ruolo importante nella prima stagione tanto da diventare una dei protagonisti a partire dalla seconda, e poi di una programmatrice, Cameron, anarchica e imprevedibile, anche lei con un passato nebuloso.
Sembra la classica storia “working on a dream”, una specie di Steve Jobs in salsa texana, ma avreste ragione solo in piccola parte.
Halt and Catch Fire lo dice chiaro e tondo fin dal titolo: Halt and Catch Fire, è un codice attraverso il quale tutte le funzioni del computer diventerebbero prioritarie, cercando così di scavalcarsi l’un l’altra e portando a un crash del sistema. Letteralmente significa: fermati e prendi fuoco.
Il fondamentale problema di ogni personaggio di HACF è proprio quello di non capire le priorità. Ognuno crede che il proprio ruolo sia il più importante, tentando di scavallare quello degli altri e finendo col mandare all’aria tutto quanto. È evidente fin dalle prime puntate come il sogno di Joe, Gordon e Cameron funzioni solo quando i tre cooperano, cosa che ahimé accade poche volte.
Il desiderio di lasciare un segno nella storia (un po’ come Steve Jobs, forse il personaggio reale a cui più si avvicina Joe, per carattere, visione e carisma, ma anche per incapacità puramente tecniche – non sa programmare né assemblare) si scontra con la paura del fallimento di Gordon, il quale ha anche due figlie da mantenere oltre alla moglie. E Cameron, il personaggio più difficile da inquadrare perché anarchico nel bene e nel male.
In una puntata Joe, parlando con un suo ex designer dirà – non visto da Cameron – «Noi siamo l’oggi, ma è lei il futuro». E ha ragione: Cameron è emancipata sessualmente e libera nelle idee, tanto da pensare a un progenitore di Siri (l’assistente digitale di Apple) 30 anni prima del suo sviluppo.
I personaggi femminili, in generale, ricroprono ruoli chiave in questa serie e sono caratterizzate con una cura che raramente si trova sullo schermo.
HACF è una serie in cui spesso si usano termini di programmazione e si citano modelli storici di computer che hanno cambiato per sempre la nostra vita (straordinaria la presentazione del Mac Lisa) eppure anche un perfetto ignorante in materia come me è riuscito a seguire gli svolgimenti della trama perfettamente, grazie a una scrittura efficace e sempre originale.
Vi avverto: potrebbe frenarvi l’inizio lento.
Effettivamente questa serie si prende parecchio tempo prima di spiccare il volo, per la precisione: 6 episodi.
Sono tanti, è vero, ma dopo non si riesce più a smettere: garantito.
E poi non fate quelle facce: su Netflix vivete di binge watching e non vi lamentate, fate gli schizzinosi solo perché è Amc?
Al momento ci sono 3 stagioni da 10 episodi, ciascuno da 45 minuti circa.
Buono spappolo.