Poi sei venuta tu,
e t’è bastata un’occhiata
per vedere
dietro quel ruggito,
dietro quella corporatura,
semplicemente un fanciullo.
L’hai preso,
hai tolto via il cuore
e, così,
ti ci sei messa a giocare,
come una bambina con la palla.
E tutte,
signore e fanciulle,
sono rimaste impalate
come davanti a un miracolo.
“Amare uno così?
Ma quello ti si avventa addosso!
Sarà una domatrice,
una che viene da un serraglio”!
Ma io, io esultavo.
Niente più
giogo!
Impazzito dalla gioia,
galoppavo,
saltavo come un indiano a nozze,
tanto allegro mi sentivo,
tanto leggero.”

(Vladimir Majakovskij)

Fenrìs Gallucci copertina

Autori: Jean-François Chabas (testi) e David Sala (illustrazioni)
Traduttore: A. Marcigliano
Editore: Gallucci
Prezzo di Copertina: 15,00 €
Anno di Pubblicazione: 2012
Pagine: 42 (30 x 25)

E poi sei venuta tu, / e t’è bastata un’occhiata…”

Un lupo diverso sin dalla nascita: ha un aspetto feroce. Sua madre, i suoi stessi fratelli e i membri del branco lo temono, escludendolo da quel territorio sicuro che è la comune benevolenza. Fenrìs è un esiliato e all’esilio prende gusto. I giudizi plasmano: muta cattivo – “Feroce! Feroce! Ecco arrivare il feroce lupo rosso!” – traendo piacere dalla sua malvagità, che è per lui scudo e armatura. Ma la bambina, sola nella foresta a cogliere gigli, ha occhi che guardano a fondo: non ha paura di lui…

Fenrìs David Sala

Sarà una domatrice, / una che viene da un serraglio…”

Un albo illustrato dal doppio destinatario per il bambino è storia d’amicizia e accettazione; per l’adulto di più.
Sala e Chabas ripercorrono la tradizione iniziata da Esopo: parlare degli umani attraverso gli animali. Fenrìs  – delizioso rovesciamento di un personaggio mitico noto per la sua efferatezza –  non è che un umano zoomorfo e il compito della bambina, l’eroina votata per definizione alle opere di incivilimento, è quello di domare e addomesticare il mostro. Viene messo in discussione il timore, e lo sguardo si volge sull’Altro: l’incontro con l’alterità potrebbe essere destabilizzante ma la bambina giunge all’accettazione, e quindi al suo annientamento, malgrado Sala l’abbia ritratta piccola, apparentemente inerme rispetto alla bestialità del lupo ardente. Il suo sguardo profondo e trasognato – innocenza effigiata dal giglio martagone che sta cogliendo – disinnesca la malvagità posticcia di Fenrìs, restituendolo a se stesso ed esorcizzando la  paura di ciò che è in apparenza diverso e cattivo.

«Su… non deve lasciarsi influenzare da tutte quelle storie sul mistero femminile. Certo, siamo belle. Siamo intelligenti, è vero. Anche voi, però, avete qualche lato buono. Forse bisogna solo cercarlo un po’ più a lungo.»

La bambina guarda oltre l’apparenza, volgendo lo sguardo verso la fame d’amore e d’accettazione, celata dall’irsuta corazza: la scoperta della vera indole conduce Fenrìs, senza più giogo, al lieto fine.

Camminano affiancati, col passo di chi ha fatto tanta strada insieme; talvolta la ragazza si appoggia al collo del lupo, a volte è il lupo che preme contro le gambe sottili della donna. Vivono in armonia. Eppure la gente, che oggi prende tutto seriamente, dice che non è proprio possibile. I lupi, com’è noto, sono animali tanto feroci.

Fenrìs David Sala

 

Uno stile klimtiano

Se per tinte e atmosfere le tavole di Sala echeggiano Nielsen – e per verticalismi ed esilità l’arte giapponese -, lo stile di composizione dal forte gusto decorativo, invece, non può che trar forza dalla Wiener Secession di Klimt. Ornamentazioni, riempimenti geometrici, stilizzazione delle forme e un decorativismo vegetale che incornicia figure essenzialmente bidimensionali: l’effetto volumetrico è riservato, simbolicamente, al volto della bambina. Come i corpi di Klimt sembrano  incastonati in mondi ovattati e onirici, così gli animali di Sala si inseriscono nella stasi azzurra del bosco; il cambio di colore, è riservato a un lieto fine in cui l’ispirazione klimtiana viene esplicitata con grazia.  

Fenrìs David Sala

Innervazioni fiabesche: il calco de La Bella e la Bestia

La Belle et la Bête di Beaumont impartisce una grande lezione: una creatura deve essere amata prima ancora di essere amabile. La vicinanza a Fenrìs di questo modello archetipico è ineluttabile – tematica che sembra esser cara a David Sala, a giudicare dalle sue altre produzioni. Fenrìs è ricolmo di innervazioni fiabesche sin dall’incipit, in cui Chabas sdogana il topos della nascita miracolosa ed extra-ordinaria, solitamente riguardante l’eroe. Il personaggio della bambina richiama inevitabilmente quello di Bella. La bontà ispira una lezione idealistica: non è la Bestia a dover mutare, fuorché nell’aspetto, ma è lei a dover guardare oltre la sgradevolezza fisica di lui, verso l’essere gentile e amabile intrappolato al suo interno. La Bella e la Bestia versione Beaumont – la variante più fortunata -, fu traghettata oltre la Manica e la sua funzione slittò dall’arena sociale dei salotti francesi, agli interni domestici delle case, della nursery, e delle aule di scuola. La Bella, assieme alla fiaba, cambiò funzione, metamorfosata nell’angelo della casa vittoriana, il cui compito è domare e placare la lussuria maschile e l’istinto animale.
Le piccole femmine erano così indottrinate: attraverso questo tipo di storia si insegnava loro a essere buone mogli, a intravedere sotto la rude apparenza del loro sposo “il brav’uomo”.

La bella e la bestia illustrato da David Sala, sempre edito da Gallucci
L’interpretazione

La favola diventava, da ciò, strumento di controllo sociale: l’uomo, da predatore, mutava se stesso in pacato marito. La Bella e la Bestia acquistò carattere pedagogico, rassicurando le giovani afflitte dal timore del matrimonio.
Il bambino ha un’istintiva paura del sesso che può sembrargli, a prima vista, bestiale; in realtà l’amore, e questo è il significato occulto, è la più soddisfacente di tutte le emozioni, l’unica che garantisca felicità permanente. Le storie derivate da questo calco si aprono, secondo l’interpretazione di
Bruno Bettelheim con  una visione immatura basata sul presupposto che l’uomo abbia una duplice esistenza, come animale e come mente. Durante il processo di maturazione questi aspetti isolati della nostra umanità devono unificarsi: soltanto così possiamo raggiungere una completa realizzazione umana. (…) È altamente desiderabile che la vera natura della Bestia si riveli: la scoperta della persona gentile e amorevole che essa è in realtà, conduce direttamente al lieto fine. L’essenza della storia non è semplicemente il fiorire dell’amore della Bella per la Bestia (…) ma la sua crescita durante il processo. (…) L’unione tra la Bella e l’ex bestia esprime simbolicamente  l’eliminazione della perniciosa frattura fra gli aspetti animali e quelli superiori dell’uomo, ma anche il punto d’evoluzione di una sessualità egocentrica e immatura (fallico-aggressivo-distruttiva) a una che trova il suo appagamento in una relazione umana di profonda devozione, nel contesto di un rapporto liberamente stabilito” – perché dalle varie riproposizioni del canone dal XVII secolo a oggi la tendenza dominante è sempre stata quella di identificare la Bestia con una sessualità maschile che deve essere trattenuta, modificata o addomesticata attraverso la civilté. (…) “Se vogliamo trasporre il linguaggio poetico della fiaba nel linguaggio pedestre della psicanalisi, il matrimonio tra la Bella e la Bestia rappresenta l’umanizzazione e la socializzazione dell’Es per opera del Super-io: la risultanza è un Io che ci fornisce le soddisfazioni che ci servono per una buona vita.

Fenrìs è, in sostanza, la storia di una domazione che, interpretata nell’ottica della sua versione archetipica, illustra la natura dell’amore autentico.

Fenrìs David Sala

Intervista all’autore: qualche domanda a David Sala

David Sala nasce a Lione nel 1973. I suoi disegni spaziano dal poliziesco, alla fantascienza, al fiabeggiante; noto principalmente per i suoi fumetti, si è dedicato anche alla realizzazione di albi illustrati per bambini – editi, in Italia, da Gallucci Editore. Talentuoso esponente di un decorativismo stentoreo che richiama l’art decò; illustratore dell’onirico e del magico. Impressionata dalla delicata bellezza di Fenrìs non potevo che cercarlo per approfondire, in sua David Salacompagnia, alcuni aspetti grafici dell’opera.
– Perché ha deciso di costruire la sua opera attorno a un’icona così importante della mitologia norrena quale Fenrìr?

In questo libro, infatti, Fenrìs è più della rappresentazione di un’icona mitica. È la forza, il potere, la violenza, in opposizione a uno sguardo privo di preconcetti: quello della bambina.

-Ha fatto ricorso a ispirazioni e suggestioni esterne nella realizzazione dei paesaggi?

Certamente il mio lavoro si nutre di impressioni artistiche, fotografiche e di molto, molto altro: l’importante è assimilare il tutto, arricchendo e personalizzando il mio vocabolario artistico.

– Notando una rassomiglianza con lo stile decorativo di Gustav Klimt, vorrei domandarle se i riempimenti geometrici abbiano, come fu per l’artista viennese, un significato profondo e particolare?

L’opera di stilizzazione e ornamentazione è, per me, espediente di trasformazione della realtà, rendendola prossima a intuizioni, emozionali e oniriche, molto più intime.

– Mentre gli animali sono bidimensionali, il volto della ragazza ha una tridimensionalità più spiccata: quali sono le ragioni di questa scelta artistica?

In questa storia la ragazzina, l’unico essere umano, è il solo legame col lettore e il suo mondo onirico. L’aspetto rappresentazione visuale doveva necessariamente, perciò, essere diverso.

David Sala – La furia di Banshee
Bibliografia di riferimento:

– AA.VV, La Bella e la Bestia – quindici metamorfosi di una fiaba, Roma, Donzelli Editore, 2002,
– Bettelheim Bruno, Il mondo incantato – Uso, importanza e significato psicoanalitici delle fiabe, Milano, Gianciacomo Feltrinelli Editore, 1977
-Von Franz Marie-Louise, Le fiabe interpretate, Torino, Boringhieri Editore, 1980 p. 115

 

Storia di una domazione – Fenrìs di Chabas Jean-Francois e David Sala

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