Quando parlo dello stato di salute del cinema mi sento sempre dire: «Il cinema è morto. Il futuro sono le serie tv». Io controbatto che le serie tv sono il presente, il futuro sono i videogiochi. Ma qualunque sia la risposta giusta, in entrambe le versioni è palese l’implicito assunto: il cinema è morto.
Ma lo è davvero?
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Girovagando sui social o parlando con le persone (incredibile ma si può fare anche così giornalismo) la percezione che il cinema non stia passando il suo momento migliore è pressoché unanime. Eppure se si vanno a spulciare i registri SIAE con i report sul volume di affari generato dal cinema si nota un aumento esponenziale dal 2012 al 2016 (si passa da 721 milioni a 812, quasi cento milioni in più).
A confermare questo aspetto è il consumo sempre più vasto di serie tv e programmi televisivi adesso fruibili anche in streaming. Anzi, Netflix – sembrerebbe – sta uccidendo la tv così come la ricordavamo, tanto che pure Sky è corsa ai ripari con NowTv, cioè SkyGo ma che funziona.
Insomma, sto cappello introduttivo per dirvi come mi sentivo una volta seduto in poltrona al cinema prima che partisse Blade Runner 2049.

Togliamoci subito il dente: Blade Runner 2049 è bello.
È una visione che merita i vostri soldi, qualunque sia stata la cifra con cui siete andati al cinema o andrete al cinema.
Se ci dovete sempre andare un consiglio: andatelo a vedere nella sala migliore possibile. Benché questo film sia solido sotto tutti i punti di vista (recitazione, trama, etc…) la parte visiva è quella che la fa da padrona. Ci sono scene che ancora a distanza di settimane ripenso per la loro potenza, e non mi succedeva da veramente troppo tempo; per il genere fantascientifico da anni.
Dunque dove vi voglio portare con questa recensione? Da un’altra parte, ovvio. Prorpio come BR2049.
Al botteghino il film non sta andando bene quanto sperato dai produttori. Il budget da 160 milioni di dollari indica un blockbuster (cosa che difatto è, specie alla luce di alcuni dialoghi fin troppo “spiegati”) eppure il pubblico non ha percepito né tensione né urgenza per questo film. Esclusi i pochi stronzi cinefili come i miei amici e a volte me (ma io lo sono solo per Shwarzenegger e Jim Carrey) di gente che non dormisse la notte per paura dello stupro della memoria dell’agente Deckard non ne ho incontrata.
Così sono tornato a chiedermi: il cinema è morto?
Blade Runner 2049 è bello, le recensioni sono per la stragrande maggioranza positive eppure nessuno sta andando a vederlo. Il cinema è morto davvero?

Ragionando con i miei amici cinefili di cui sopra sono giunto a una conclusione circa il semi flop del povero Gosling (eccezionale, fra l’altro, in una parte complicatissima e che per me gli varrà un oscar quest’anno). Blade Runner, il primo, è stato ed è un cult. La gente ha rimosso che al botteghino il povero Scott non incassò granché. Fu un film controverso, uscito in varie versioni, con diversi finali (sic!), e con quel mistero Deckard-è-un-replicante-?, ignorato dai più e invece calcatissimo in questo sequel.
Blade Runner è un film come Fight Club, ti porta in un mondo ma non genera mondi. In Blade Runner, anche in 2049, si parla tantissimo dell’orlo esterno (che nome stupendo) ma non lo si vede mai, e soprattutto non ci interessa. Blade Runner è la terra sfasciata chissà da cosa e l’umanità bombardata anche nel sonno dagli ologrammi malvagi della Coca-Cola porno. Se fossimo su Marte non sarebbe più Blade Runner.
Invece, in quanti pianeti è ambientato Guerre Stellari? Il bistrattatissimo Minaccia Fantasma è ambientato in venti posti in 100 minuti, e nessuno assomiglia al precedente!
Fight Club è stato un cult travolgente che in sala andò malino, ma poi è diventato un riferimento culturale collettivo di inizio millennio. Per non parlare di QUEL Brad Pitt a torso nudo che è diventato tacitamente il sogno erotico femminile e l’aspirazione estetica maschile.

Eppure non può esistere un sequel di Fight Club (e lo dico nonostante sia stato fatto!). Questo perché il film di David Fincher non genera mondi. Non è il suo scopo. Racconta una storia, un mondo (affascinantissimo) e si chiude lì. Come fanno tantissime, bellissime, altre storie. E non c’è niente di male in questo.
Così Blade Runner 2049 ci ha provato e ha fallito, perché non c’era molto altro da dire che non fosse già stato detto; perché anche stavolta gira tutto intorno al solito tema dell’identità e dell’anima e per quanto uno possa scrivere bene e girare pure meglio, niente di quello che porterai in scena potrà mai essere nuovo.
Invece l’Impero Colpisce Ancora quanto fu sconvolgente? Quel Sono io tuo padre è qualcosa che ancora oggi genera meme e tormentoni. Ed è un sequel.
Quindi c’è un’incapacità di creare nuove storie. O così sembra.
Blade Runner 2049, un film bellissimo, non riesce a portare al cinema nessuno.
Il cinema è morto?

Forse la verità è un’altra.
Il cinema non è morto e neanche in agonia. Il cinema si è evoluto.
La capacità di stupire in sala è diventata veramente poca, e questo perché il cinema adesso ha un passato corposo con cui fare i conti. Non è un caso che gli autori spostino sempre più la partita sul visivo tralasciando la solidità della storia, come Aronofsky o Sorrentino. Ma come lo stesso Villeneuve in questo Blade Runner.
Le sperimentazioni tecniche – sempre esistite – sono l’unica cosa rimasta in un settore che sembra aver “mostrato tutto” dal punto di vista narrativo. Penso alle inutili condizioni estreme in cui è stato girato Revenant di Iñárritu: perché far dormire DiCaprio in un orso, se non per poter far dire alla gente:« Cazzo, DiCaprio ha dormito in un orso e mangiato carne anche se è vegano in questo film».
A me questo fa pensare anche un’altra cosa: il cinema non è morto perché la gente ha ancora bisogno di stupirsi. Si dice che le persone hanno sempre bisogno di storie ma forse hanno solo bisogno di stupore, chissà; alla fine nessuno esclude l’altro.
Adesso però penso al modo in cui fruiamo il cinema. Netflix e lo streaming, pirata o meno, sorpassa gli ingressi in sala. Al cinema andiamo solo per grandi raduni di pubblico fidelizzato (tipo per Star Wars o supereroi) oppure perché siamo cinefili. Resiste ancora il cinema come primo appuntamento – anche perché in una sala vuota la pomiciata è agevolata.
Che significa? significa che il richiamo del cinema non è più percepito come momento collettivo artistico necessario. Il cinema non è più quell’aggregante umano che era negli anni ’80 o ’90. Non è solo una questione di prezzo dei biglietti (di cui rimango comunque convinto che se invece di 7,50 i film costassero 5 euro avrebbero molto più pubblico) è il fatto che ogni esperienza adesso, nel 2017, artistica o meno, viene vissuta come personale, privata, una questione di egos.
Un film, come dicevo sopra, non è più un momento collettivo, è un momento in cui mi chiedo cosa ha da dirmi un film, a me. A me, a me, a me, a me.
In un periodo dominato dai social, dove l’esperienza sociale si vive barricati dietro a uno schermo, diminuendo il bisogno di contatto umano, dove più aumentano le condivisioni di contenuti e più decrescono le condivisioni personali, non c’è spazio per il vicino di sedile che ti invade il bracciolo col gomito.
Così il cinema è un momento solipsistico e visto il costo vale la pena viverlo solo se si è appassionati. Altrimenti via di streaming, in casa, quando abbiamo un momento per noi stessi. Che poi è un paradosso, visto che con i nostri telefoni ormai è tutto un eterno momento con se stessi.
E forse non è un caso che mentre nel primo Blade Runner Harrison Ford stava continuamente in mezzo a persone, Ryan Gosling sembra vivere in una Los Angeles abbandonata.
Nel titolo mi chiedevo cosa resterà di questo 2049.
Probabilmente niente.
Probabilmente solo noi stessi, in una sala vuota e un The End in green screen proiettato su un telo.
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