THE WOLF WILDER
“Il soffialupi educherà i lupi al coraggio, alla caccia e alla lotta, e li abituerà a diffidare degli esseri umani. Insegnerà loro a ululare, perché un lupo che non sa ululare è come un essere umano che non sa ridere. Ed è così che i lupi vengono liberati
di nuovo nella terra dove sono nati, dura e viva esattamente come loro.”
La trama
Feo vive, assieme alla madre, nella Russia pre-rivoluzionaria; abitano nella foresta e sono Soffialupi: esseri umani che non hanno perso il contatto con il sé selvaggio e che restituiscono istinto, coraggio e libertà ai lupi domestici, esibiti e ridicolizzati come animali domestici dagli aristocratici russi nei loro salotti.
Il lupo, per mano loro, nasce una seconda volta.
Feo e Marina, sua madre, assieme a Bianca, Nero, Grigia e Zampa, l’ultima arrivata, fanno branco, finché…
La mia opinione
Un libro, meravigliosamente illustrato da Gelrev Ongbico, con due anime: la prima, aspra e bella come una cosa di selva, ha un battito vigoroso che ricorda quello del cuore, ma anche orecchie, naso, occhi. La Rundell non restituisce solo l’idea del bosco, o della vita selvaggia, ma riesce a portare neve, vento, inverno, oltre la carta: il ritmo è tumultuoso, il lettore si intrappola.
Improvvisamente, però, la forza narrativa dell’autrice perde vigore: Feo e Ilya incontrano Alexei, e il romanzo rivela disarmonie, imperfezioni, e soluzioni, in ambito di trama, decisamente poco credibili: da qui l’impressione di una discontinuità che fa rimpiangere la prima parte.
Il finale poi, affrettato e scarno, induce a credere che Katherine Rundell abbia perduto il bisogno di raccontare, e ha vago retrogusto di sequel – più che innecessario. La bellezza della prima parte è tale che avrebbe meritato rispetto maggiore; quasi oltraggioso che l’autrice non abbia mantenuto le premesse e il lirismo iniziali.
Non concordo, invece, con chi ha lamentato incongruenze nella caratterizzazione della protagonista: Feo è una dodicenne, un individuo ancora in divenire, ed è cresciuta in modo atipico: più che logico che si lasci prendere dal panico e perda tutta la sua fermezza. Oltretutto non bisogna dimenticare che “The wolf wilder” è un romanzo rivolto a un pubblico giovane – questione del doppio-destinatario esclusa – e che rendere la protagonista troppo sicura, quasi ineffabile, avrebbe precluso alle giovani lettrici la possibilità di immedesimarsi, affrontando con lei un processo di maturazione, vanificando il messaggio iniziale del libro: resistere, liberamente acquisire una identità, lottare per i propri ideali.
Noi lupi
Delizioso il ricorso al doppio destinatario: l’autrice si rivolge al bambino quanto all’adulto che, auspicabilmente, legge al suo fianco – e in tal senso l’incipit va subito a stuzzicarne la curiosità. Inevitabilmente, quindi, ci sono più modi di decodificare e interpretare il testo: il piccolo lettore compie assieme a Feo, un percorso di emancipazione e acquisizione di identità; il lettore adulto si identifica con il lupo – creatura da “sdomare”, da restituire alla sua essenza animale.
I lupi da svegliare, da restituire alla vita, siamo noi.