Morph

(mɔːf)
vb

1. (Computer Science) to undergo or cause to undergo morphing
2. to transform or be transformed completely in appearance or character: he morphed from nerd into pop icon

Succede che il Grande Capo Scassacazzo, conosciuto anche come Penna Stanca, ci abbia sfruculiato le gonadi sfidandoci a ponderare una serie di articoli a tema Pokemon, in modo da cavalcare l’onda lunga della febbre da Pokemon Go e racimolare così qualche facile visualizzazione, oltre che per scongiurare tempi nefasti – sintetizzabili nella formula: oh lo battete voi l’articolo per domani? -.
Succede però anche che a me, tranne quello sparuto episodio di bellezza incarnata chiamato Pokemon Oro/Argento, i Pokemon facciano discretamente schifo.
Intendiamoci bene, non si tratta di un odio prevenuto nei confronti del tipo di gioco e/o del suo target: per buona parte della mia vita sono stato un divoratore assiduo di qualsiasi tipo di Jrpg; di certo poi non mi sono mai fatto nessuna remora a dedicarmi a prodotti indirizzati a un pubblico tendenzialmente giovane. Non ho mai rinnegato, per esempio, le ore trascorse su Digimon World o le alzatacce estive per finire di vedere le avventure dei Digiprescelti, trasmesse dalla RAI.
Dove sta l’inghippo allora?
Perché Agumon e co. sì, mentre il sorcio elettrico giallo no?
La risposta è facile e non c’è certo bisogno di fare appello alla fisica quantistica o a qualche strana scienza occulta.
Semplicemente, le trasformazioni dei Digimon sono più belle.

it’s morphin time!

C’è poco da fare, le ho sempre amate e sempre le amerò: l’animazione giapponese ha fatto del morphing un’arte; nessun altra cultura (popolare) è riuscita a declinare una tale varietà di metamorfosi/evoluzioni/trasformazioni/VESTIZIONI! in un così ampio numero di serie e di media.

Il canovaccio è abbastanza ripetitivo, a dire il vero: l’eroe o il mostriciattolo di turno si ritrova spalle al muro, piegato da una situazione apparentemente irrisolvibile, ma, proprio quando tutto sembra volgere al peggio, spinto da a un motivo X – i grandi classici del genere sono: lo spirito di sacrificio, la forza dell’amore, una rinnovata fiducia in se stessi, lo spirito cameratesco e altre robe simili, non prive di una certa tendenza diabetica –  trova la forza di mutare e sconfiggere il cattivone di turno.
Sembrerebbe francamente irrealistico che un simile schema possa, ogni volta, avere l’effetto di una scarica di adrenalina in vena sul nerdissimo adolescente di turno, eppure basta una piccola shakerata dei fattori sopraelencati e il gioco è fatto.

Nella mia personale classifica delle migliori trasformazioni, un posto di rilievo sarà sempre riservato ai Power Rangers e a tutto il loro carrozzone trash; Americani di adozione ma Jappi nell’anima, i Rangers avevano nel morphin’ time il loro naturale momento climatico: il dispositivo con il quale innescavano la metamorfosi, accompagnata in sottofondo da un arrogantissimo solo di chitarra, era uno dei giocattoli più ambiti dai ragazzini, in lotta per contendersi il ruolo del Ranger Rosso o di quello Verde.

La variante vestizione conservava invece un fascino cavalleresco, incarnato alla perfezione dai Cavalieri dello Zodiaco (Saint Seiya) o dai Cinque Samurai (Samurai Trooper), in grado di sopperire a intrecci decisamente usurati con il fascino delle stupende armature.

Di certo non si può dire lo stesso delle guerriere Sailor, fra le esponenti più famose del genere Mahō shōjo – per intenderci, pseudo-streghette incazzose – che si presentavano in battaglia vestite solo di un risicato completino alla marinara, indossato durante una sequenza “a luci rosse”.

Sicuramente scenico ma discutibile dal punto di vista bellico.

Nel novero dei miei amati, non può mancare Kamen Rider; scoperto per caso, una domenica mattina a base di biscotti, latte e cartoni/serie TV, il centauro insettoide  è la perfetta espressione della follia jappa, capace di stringere al collo di un uomo vestito da cervo volante gigante una vistosa sciarpa rossa.

Già che siamo in tema costumi azzardati, come non citare Super Human Samurai, altro furto Yankee ai danni degli occhi a mandorla, in cui il giovane protagonista era chiamato a entrare nella rete, nei panni di Servo, e difenderla dalla minaccia di mostruosi virus.

Arrivando invece a produzioni più recenti, una menzione se la merita Garo: serie TV del 2005 che tentava addirittura di percorrere un approccio meno dichiaratamente naive, dando anche l’impressione di prendersi realmente sul serio.

I risultati sono altalenanti, in compenso il design delle armature non è niente male.

Insomma, sembrerebbe che alla fine sia riuscito a citare i Pokemon, senza parlarne direttamente, quindi ci sta anche Penna Stanca me lo prenda per buono, che qualche click facile forse si riesco a strapparlo.

Del resto mi chiedo come si faccia a tifare per un paffuto ratto dalle gote rosse, quando i tuoi contendenti sono cose così:

 

 

It’s Morphin’ Time!
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