Benvenuti nella nuova rubrica di The Nerd Experience: L’Analista. Inauguriamo oggi una serie di articoli nei quali esploreremo saghe, sequenze, scene o personaggi tratti dalle nostre storie preferite.
Fumetti, film, videogiochi, parleremo di tutto.
L’obiettivo è mostrare i meccanismi narrativi dietro una storia: mostrare per esempio come un autore rinnova il genere o semplicemente perché una scena o un personaggio funzionano (oppure no, provando a ipotizzare cosa si sarebbe potuto fare, invece).
La verità è che ci siamo un po’ stufati di tutte queste recensioni che ammorbano il web: imprescindibile, bellissimo; oppure, una merda, catastrofico.
Un pendolo che oscilla isterico tra il capolavoro e la vergogna senza mai argomentare a sufficienza perché un’opera sia effettivamente necessaria – se mai qualcosa possa esserlo realmente.
Per cui, anziché convincervi con parole vuote se questo o quello valgano o meno il vostro tempo libero, andremo a vedere senza pregiudizi le scelte degli autori in relazione alle storie.
In questa rubrica esiste solo la scena e quello che gli autori hanno scelto di raccontare (perché raccontare è anzitutto un fatto di scelte).
Può darsi che ci sia di più da dire rispetto a quello che sceglieremo di raccontare, ma per ragioni di spazio ci limiteremo a un punto di vista particolare che esplori un aspetto ben preciso e non l’opera nella sua interezza (anche perché altrimenti servirebbe un libro e non qualche cartella word).
Infine: spoiler warning. Per i più distratti, trattandosi di un’analisi è ovvio che esamineremo nei dettagli la trama per cui parleremo ovviamente di come questa comincia, si sviluppa e si chiude per avere un quadro completo delle intenzioni di un autore. Ergo se non conoscete o non avete visto ciò di cui stiamo parlando leggete a vostro rischio e pericolo. Non dite però che non vi abbiamo avvisati!
Ma adesso basta con le introduzioni e cominciamo il nostro primo roboante numero: Dragon Ball – La Saga di Cell.
Dragon Ball è l’opera più celebre del Maéstro mangaka Akira Toriyama, racconta le vicende di Goku, un saiyan cresciuto sulla terra, membro di una razza aliena che ama la battaglia e vive per essa.
La saga di Cell è l’ultima parte del ciclo degli androidi, un gruppo di storie che vanno dal volume 28 (Un Ragazzo Misterioso) fino al 35 (Gran Finale). È una saga platealmente ispirata a Terminator, da cui riprende il tema degli androidi che conquistano la terra, dei viaggi nel tempo, e di un messaggero-combattente venuto dal futuro per provare a scongiurare un terribile futuro all’umanità.
Il ciclo si divide in tre parti: una prima dove appare Trunks, il misterioso ragazzo che viene dal futuro e che scopriremo essere il figlio di Vegeta e Bulma, dove incontriamo i primi due androidi 19 e 20, i quali non rappresentano una vera minaccia e vengono addirittura sconfitti da un personaggio secondario, Vegeta.
La seconda parte riguarda i mostri del futuro di Trunks, la vera minaccia, secondo il suo racconto: 17 e 18. I due nuovi cyborg sono infatti fortissimi, addirittura più forti di quelli dell’epoca di Trunks, a differenza dei suoi però sembrano avere un animo più “mite” (anche se comunque sono interessati a menarsi con Goku). Spunta persino il primo imprevisto: 16, un cyborg completamente nuovo, che Trunks non conosce e che a differenza degli altri due ha base completamente robotica e non umana. 16 è il personaggio più misterioso e anche il meno sfruttato nella saga anche se il suo sacrificio sarà ciò che permetterà a Gohan di risvegliare la sua forza latente.
Eccoci arrivare all’ultimo arco: la saga di Cell.
Cell è diverso da tutto quello che abbiamo visto finora in questo ciclo, è un cattivo spietato, il cui unico scopo è ottenere il corpo perfetto.
Già dal nome non ci troviamo di fronte a un cyborg ma a un umanoide; Cell in inglese significa cellula, che è la base di ogni organismo vivente. Cell infatti è il risultato di tutti i guerrieri visti finora nel manga combinati in un’unica struttura. Ha le cellule di Goku, Vegete, Piccolo (Junior, se venite dal cartone/anime), Crilin, Tensing e persino Freezer.
Questo ci pone di fronte a un nemico che non è semplicemente più forte ma è la summa di tutte le sfide affrontate sinora.
Laddove finora Dragon Ball aveva raccontato la storia di un guerriero che doveva superare il proprio limite adesso ci sta informando che quel limite è stato raggiunto e l’unica sfida possibile rimasta è quella con sé stessi.
Nel ciclo degli androidi ma in particolare nella saga di Cell ci viene proposta una storia di padri e figli e il tema è fin da subito evidente anche se si rivelerà il colpo di scena dell’ultima parte: il passaggio di consegne.
Questa necessità, ovvero affidare il proprio destino alle nuove generazioni è l’ultimo tassello della crescita di Goku il quale di fatto rinuncia a superare “il limite del super Saiyan” all’interno della stanza dello spirito e del tempo comprendendo di non poterlo fare neanche con il più massacrante degli allenamenti e decidendo invece di affidarsi a Gohan, che ci riuscirà nel duello finale.
Torneremo su questo punto più avanti ma per il momento facciamo un passo indietro.
Non tutti sanno che Akira Toriyama ha provato a concludere Dragon Ball diverse volte prima del volume 42, Majin Bu non era nemmeno lontanamente previsto dal mangaka che avrebbe addirittura voluto chiudere con la sconfitta di Piccolo/Junior al Torneo Tenkaichi, con un Goku pronto ad entrare nell’età adulta e che saluta tutti saltando a bordo della nuvola d’oro insieme alla futura moglie Chichi.
I fan e la produzione però insorsero: Dragon Ball era troppo amato e quel finale non soddisfaceva nessuno. Toriyama che aveva meno birra in corpo dell’inizio ma ancora buone idee spara quello che nella sua testa è il canto del cigno: La Saga di Freezer.
Toriyama svela quello che tutti sospettavamo già: Goku non è un terrestre, fa parte di una razza aliena guerriera, i Saiyan di cui lui e altri 3 sono rimasti gli unici sopravvissuti. Il riferimento a Superman è palese, persino i 3 sopravvissuti, orgogliosamente cattivi, ricordano i 3 kryptoniani rinchiusi nella lastra spedita nello spazio che Cristopher Reeve deve affrontare nel secondo film.
Freezer è il nemico supremo e Goku battendolo diventa il numero uno dell’universo, trasformandosi persino in un guerriero leggendario che nasce ogni mille anni. Più di così che vuoi raccontare?
E invece no.
Freezer è piaciuto troppo, non si può chiudere adesso. Ma cosa si può raccontare di un personaggio che è appena diventato il numero uno dell’universo? Semplice, gli si prepara l’uscita di scena.
La legge di Dragon Ball è sempre e solo una: per quanto tu possa essere forte te catarè anca ti quel dai formai.
Ci è chiaro fin da subito, con l’arrivo di Trunks: i problemi non finiscono mai: finché ci sarà Goku bene, ma quando non ci sarà più?
È una lezione anche per noi stessi, sull’importanza di lasciare un’eredità: non importa cosa otteniamo per noi stessi in questa vita, abbiamo tutti una data di scadenza, per dare valore a ciò che amiamo di più bisogna essere pronti, al momento opportuno, ad affidarlo a qualcun altro.
L’obiettivo dei nostri eroi in questa saga è quindi accettare di non essere più i numeri uno e di fidarsi degli altri. Non si può fare tutto da soli sempre, sembra dirci Toriyama, e non a caso Cell per arrivare al corpo perfetto ha bisogno di assorbire gli altri.
Da solo Cell è un buon combattente, scaltro e con molti trucchi a sua disposizione, ma è un “atleta” come tutti gli altri: un po’ di allenamento e puff, avanti un altro. Quando però si unisce agli altri (trattandosi di un villain ovviamente lo fa con la forza) Cell diventa imbattibile. Vegeta non potrà mai battere Cell, anzi, il suo orgoglio lo porta addirittura ad aiutare il suo avversario ad ottenere il corpo perfetto. Trunks non può sconfiggerlo perché non è riuscito a creare un legame sincero col padre rivelandogli di essere più forte di lui (cosa di cui persino Crilin si è accorto senza neanche averlo visto davvero menare le mani). In più Trunks viene dal futuro, il salvatore deve essere di questa epoca.
Pure Goku non avrà vita facile nel capire questo anche se vi riuscirà. Per farci capire quanto sia importante affidare il futuro al prossimo Toriyama prima fa ammalare Goku di una malattia terribile (mostrandoci che pure il più invincibile dei guerrieri può morire in qualsiasi momento come un umano qualunque) dalla quale si salva solo grazie a un farmaco del futuro – in altre parole barando, ma a lui è concesso perché è un personaggio e non una persona – e poi facendolo allenare nella Stanza dello Spirito e del Tempo.
Ora, a noi lettori la Stanza (per brevità) ci pare una figata, ma se ci riflettiamo bene ha un costo altissimo: un giorno lì dentro equivale a un anno della nostra vita. UN ANNO.
Non solo, stare lì dentro è massacrante: meno ossigeno e una gravità superiore a quella terrestre, in uno spazio completamente bianco dove gli unici alimenti sono poltiglie farinose e acqua. Un anno in prigione praticamente. Anche questo rientra nel “barare” e nonostante questo nessuno riesce ad ottenere la forza necessaria a battere Cell. È evidente il messaggio del Maéstro: non c’è trucco che tenga di fronte all’inevitabilità della morte.
Per questo, durante il Cell Game, Goku si arrenderà e lascerà tutto nelle mani del figlio e solo grazie a questo il futuro della terra sarà salvo. La forza di un grande campione, come insegna il maestro Muten ai propri allievi quando gli suggerisce “Non strafate, ricordate che c’è sempre la possibilità di ritirarvi”, è proprio quella di riconoscere i propri limiti.
Quindi la Saga di Cell è una storia che parla di eredità, di futuro, ma anche di assunzione di responsabilità.
C’è la responsabilità di Goku, in quanto eroe e protettore della terra di assicurarle un futuro, ma c’è anche l’assunzione di responsabilità di Gohan che non è un vero combattente, non desidera uccidere né menare le mani ma vorrebbe invece studiare e diventare un medico.
Eppure Gohan, fin dalle prime vignette, dimostra una forza superiore a quella di chiunque altro, una forza che si manifesta solo quando si arrabbia. Solo lui può ricoprire quel ruolo con successo, solo lui può superare Goku e tutti gli altri Guerrieri Z.
Ecco quindi il peso drammatico posto sulle spalle del ragazzo, e trattandosi di un bambino non c’è altra storia possibile: lo scontro fra ciò che siamo destinati ad essere e ciò che invece vorremmo essere.
Non c’è conflitto più grande per Gohan, lui vorrebbe fare il medico, salvare vite, e invece è nato per uccidere anche se per difendere altre vite.
Come dicevamo prima anche la Saga di Cell è pensata come conclusione di Dragon Ball (non sarà – ahimé – così) ma il suo problema è che nonostante i temi trovati siano giusti sulla carta, per formare un eroe si deve ricorrere sempre a un tipo di struttura narrativa, quella della fondazione del mito, quella del Viaggio dell’eroe.
Il Viaggio dell’eroe è una struttura narrativa teorizzata da Chris Vogler, un consulente per le storie della Disney, che trae spunto dallo studio dell’Antropologo Joseph Cambell, l’Eroe dai Mille Volti, un saggio sui miti di fondazione, basata sul presupposto che alla base di molte leggende e religioni vi siano dei punti strutturali in comune.
Per sempio il fatto che l’eroe sia spesso orfano o non incontri mai suo padre (Goku ma anche Gesù Cristo) il superamento di varie prove (scalare la torre di Balzar ma anche i 40 giorni nel deserto sempre del buon Gesù) e altre cose.
Dragon Ball il viaggio dell’eroe a questo punto della storia lo ha usato allo sfinimento, e per quanto Toryama sia un Maéstro non c’è più modo di riciclarlo senza che il lettore urli al “già visto”.
Ecco quindi il colpo di genio del mangaka. Nella saga di Cell il viaggio dell’eroe è compiuto dall’antagonista.
Cell è orfano del Dottor Gelo, ucciso dai cyborg 17 e 18, dei quali si vendicherà successivamente, assorbendoli.
Gelo e il suo “computer” (oggi si sarebbe parlato più propriamente di algoritmo) rappresentano Dio nella sua visione del mondo e per questo onorare la causa del corpo perfetto è di importanza vitale per lui. Il primo suo arco consiste quindi in una serie di prove alle quali Cell si sottopone non senza difficoltà: assorbire energia sufficiente a poter fronteggiare 17 e 18 e resistere a Piccolo unitosi addirittura a Dio/Supremo (altro passaggio di testimone). Ottenuto 17 potrebbe essere finita la sua fatica e invece ecco un nuovo ostacolo: Super Vegeta. Cell in questo occasione vive la sua prima sconfitta, che ammette allo stesso Vegeta, il quale incuriosito e incautamente fiducioso della propria potenza lo sprona ad assorbire anche 18.
Con l’assorbimento dei due androidi, Cell è perfetto e onnipotente, il suo arco è compiuto – o almeno così sembra.
La morale di Dragon Ball è “c’è sempre uno più forte” e Cell vuole dimostrare che non è così: il più forte è lui. È qui che si riconferma antagonista, non tanto per essere un ostacolo alla vita dei protagonisti ma per l’avere una visione che sfida le leggi fondamentali del mondo di Dragon Ball.
Cell è probabilmente il personaggio più simile a Goku di tutta la saga: gli piace combattere, vuole mettersi alla prova e quando duella con Goku prova un sincero apprezzamento per la qualità della sfida.
Come dice lui stesso a Goku durante il loro scontro: stavo pensando che un duello è tanto più interessante quanto più le abilità dei due combattenti si somigliano.
Cell però è vittima della propria hubris derivante dalle cellule saiyan che gli scorrono dentro: una volta saputo da Goku che esiste un combattente più forte fra di loro in grado di sconfiggerlo non vede l’ora di verificarne la forza, commettendo così lo stesso errore di Super Vegeta.
Ecco che il duello si sposta da Cell vs Goku a Cell vs Gohan. In questo momento si sovrappongono i due archi: il passaggio di testimone di Goku al figlio e il prossimo epilogo del viaggio dell’eroe di Cell.
Gohan scende in campo e dopo un brevissimo scambio di pugni, dove nonostante riceva un colpo micidiale da Cell non si fa niente se non una sexy-ferita alla testa, Gohan annuncia apertamente il suo conflitto: Io non voglio uccidere, neanche uno spietato come te.
La virgola può sembrare strana messa così invece sottolinea la forza del conflitto di Gohan, che vuole solo fare il medico e lasciare il lavoro sporco agli altri. La situazione è in stallo e Cell potrebbe approfittarne, uccidere tutti e arrivederci. Ma va avanti per la sua strada e questa scelta gli costerà la pelle.
Scoprendo il segreto di Gohan, ovvero che quando sia arrabbia raggiunge una potenza fuori controllo, Cell decide di provare a farlo arrabbiare sul serio.
Prima lo attacca – ma a Gohan non importa di se stesso a quanto pare – poi passa al sadismo: torturerà i suoi amici. E basta solo la reazione all’annuncio del suo piano per capire che ha perfettamente indovinato quale tasto premere.
È interessante oltre che tematica la scelta della fforma di tortura: anziché sporcarsi le mani direttamente, Cell genera dei figli, non forti come lui ma comunque troppo per i poveri guerrieri Z.
Oltre a essere un rovesciamento grottesco del passaggio padre-figlio di cui Goku e Gohan sono protagonisti, è anche una dimostrazione di come i germi del male siano molteplici e che se non ci si preoccupa di estirpare una minaccia questa ne genererà altre a cascata. L’odio genera altro odio, ci dice Toriyama, per questo dobbiamo combattere.
Segue una parentesi in cui Gohan osserva impotente i Cell Jr. massacrare i suoi amici e un disperato tentativo di 16 di farsi esplodere con Cell. Adesso ci viene svelata la funzione di 16: doveva essere la forma di contenimento prevista da Gelo nel caso qualcosa fosse andato male con 17, 18 e Cell stesso. Una soluzione radicale, disperata, che lo stesso Gelo definisce come “incompleta” quando 18 gli chiede informazioni nel laboratorio.
16 diventa un mentore per Gohan attraverso due azioni: la prima è il sacrificio. 16 dimostra come sia necessario sacrificarsi per un bene superiore, anche a costo della propria vita (anticipando ciò che farà proprio Goku diversi numeri dopo).
La seconda è un discorso motivazionale che gli costa definitivamente la vita (ed essendo un androide non tornerà con le sfere del drago, finalmente un vero sacrificio!) che serve a spostare la morale di Gohan.
Le parole di 16 sono poche ma illuminanti: Son Gohan devi combattere per la giustizia, purtroppo non possiamo trovare sempre un accordo. Libera la tua anima come dice la tua collera. Ti capisco, ma non hai più bisogno di trattenerti. Proteggi la natura e gli animali che amavo tanto. Ti prego...
Adesso vorrei analizzare nel dettaglio queste poche parole per dimostrarvi quanto non sia necessario fare grandi monologhi per dare un finale memorabile a un personaggio ma bisogna sapere cosa dire.
Devi combattere per la giustizia, è l’incipit chiaro e preciso: anche Cell sta combattendo ma lui lo fa solo per se stesso. Non ti è chiesto di amare la battaglia come Goku o Vegeta, devi farlo per un motivo più alto, perché ce ne è bisogno.
Segue quello che secondo me è la perla di scrittura del monologo: Non possiamo sempre trovare un accordo. Finora in Dragon Ball non ci sono mai stati giudizi di tipo morale o sociale. O meglio, sì, combattere per migliorare se stessi è un motivo nobile, e anche proteggere la gente. Però ci sono tanti modi di proteggere: ci sono i tribunali, c’è la parola, l’educazione… Insomma non è che bisogna fare a pugni ogni volta che qualcuno dice o fa una cazzata. E allora perché tutti si menano in questo manga? Perché non possiamo sempre trovare un accordo.
L’obiettivo è vivere in armonia ma ci sono situazioni senza uscita alle volte nella vita. Alle volte la guerra non si può evitare punto e basta. E anche se si fosse potuta evitare ormai è qui e non si può più cambiare il passato, neanche Trunks in fondo c’è riuscito.
Libera la tua anima (Let it go) come dice la tua collera. Ti capisco, ma non hai più bisogno di trattenerti.
A un’esortazione – lasciati andare – segue un momento di comprensione: ti capisco, anch’io come te penso che non sia giusto, ma non possiamo più farci niente se non combattere.
A questo punto 16 non ha più nulla da dire a Gohan sul perché sia giusto combattere, il suo compito è finito e non resta che congedarsi e lui sa che questo congedo significa morire. Per questo le sue ultime parole sono completamente personali: Proteggi la natura e gli animali che amavo tanto. Ti prego… 16 parla già al passato – “amavo” – e con quest’ultima preoccupazione altruistica mostra tutta la sua purezza (un tema ricorrente nella fantascienza, quello dei robot innamorati della natura e degli animali) ma anche una somiglianza con Gohan, 16 gli sta dicendo: nonostante sia un lottatore e nonostante volessi uccidere tuo padre anch’io amo questo mondo, chi sceglie di combattere non è per forza cattivo, ergo neanche tu sarai un cattivo se ti lascerai andare alla furia contro Cell.
Poche righe, asciutte e dirette – nello stile DB – ma pregne di significato e con una morale alla base fortissima.
Cell uccide 16 schiacciandogli la testa e Gohan perde finalmente il controllo: supera il limite del super Saiyan, ottiene un nuovo taglio di capelli bellissimo e iconico e si prepara a corcare di botte Cell.
Qui i due percorsi si intrecciano perché viene il momento in cui la struttura in 3 atti di Gohan si sovrappone al viaggio dell’eroe di Cell e mentre Gohan entra in pieno “momento di gloria”, Cell entra nella fase di morte a cui segue, come da manuale, la resurrezione.
Gohan manifesta una superiorità che annichilisce Cell a tal punto da rigettare 18 e perdere il corpo perfetto e dare così una ricompensa futura al povero Crilin (diciamo che 18 oltre ad essere una love story portata a compimento – una linea romantica in qualunque racconto è sempre un buon tirante narrativo – è anche il modo in cui il karma dragonballiano premia Crilin per la saga di freezer e dei Saiyan).
Prima che Cell rigettasse 18 però è accaduta una cosa particolare: Gohan si è rifiutato di eliminare Cell scegliendo di torturarlo lentamente. Cosa sta succedendo a Gohan? Semplice: sta cadendo nelle stesse trappole del suo sangue Saiyan, la hubris.
Questo è un punto importante per la morale dello scontro: anche se stiamo combattendo per la giustizia bisogna farlo nel modo giusto. Cell merita sicuramente ogni male, ma punirlo in quel modo ci rende bestie e non giustizieri. È la differenza tra il Punitore e Spider-Man. Al male non corrisponde un male uguale. Al male deve corrispondere il bene altrimenti si genererà altro male. Ed ecco infatti che si ripresentano i guai.
Cell decide di autodistruggersì perché a lui non interessa più dimostrare di essere il più forte ma solo di vincere. Ecco perché Cell perderà: ha perso il suo orgoglio di atleta, non combatte per trovare il suo limite ma per annientare gli altri. Dopotutto è un villain.
Goku si sacrifica e non è un sacrificio qualunque, è la spinta definitiva nel passaggio di consegne a Gohan: innanzitutto riconosce che non c’è più bisogno di lui poiché il figlio è nettamente più forte; dall’altro mostra a Gohan le conseguenze della malvagità. Se Gohan avesse eliminato subito Cell non sarebbe successo, invece si è mostrato arrogante… e quindi ha bisogno di una lezione!
Non solo, con la morte di Goku, Gohan diventa orfano e il suo mito di fondazione è completo: adesso Gohan può salvare la terra da minacce future.
Ma prima…
Come dicevamo Cell ha ancora un viaggio dell’eroe da terminare, e infatti ecco che avviene la sua resurrezione: l’ottenimento di un elisir.
Per chi non mastica strutture narrative pensate a Matrix: Neo muore pistolettato dall’agente Smith ma torna in vita e solo allora si mostra la sua natura di prescelto in grado di fare quello che vuole in Matrix, fermare pallottole e persino volare. Ecco a Cell accade lo stesso: ottiene una forza maggiore e impara persino il teletrasporto da Goku, il suo rivale. Ma perché allora perde? Solo perché è il cattivo? No, ovviamente.
Cell perde perché dalla propria morte non ha imparato niente.
Non ha capito i suoi limiti, non ha capito che anche se sconfigge Gohan ci sarà qualcuno più forte di lui un domani. Lui torna sulla terra e anziché umiliare Gohan riempiendolo di botte distribuisce un po’ di terrore random e poi spara tutta la birra che ha in corpo per spazzare via la terra e tutti i suoi avversari.
Gohan invece ha imparato che da un grande potere deriva un babbo morto, per cui adesso è pronto a mettere fine a Cell una volta per tutte. Succede però che Cell ha ucciso Trunks e finalmente pure Vegeta porta a compimento il suo arco: vuole vendicare il figlio. È un atto inutile, e Vegeta lo sa, ma non c’è nessuna gloria per un padre a succedere a un figlio, neppure per un padre come Vegeta e neppure se quello non è esattamente tuo figlio ma proviene da un’altra linea temporale. Cell scaccia via Vegeta come fosse una mosca e Gohan per evitare che Vegeta muoia perde metà della forza combattiva ferendosi gravemente a un braccio.
La situazione è ribaltata, adesso Cell è in netto vantaggio e Gohan addirittura si rifiuta di opporsi. Il rifiuto di Opporsi nasce dalla nuova mentalità che Gohan ha acquisito: combatto solo se è necessario. In questo momento Gohan è uguale a Goku, suo padre. Anche Goku si era arreso di fronte alla supremazia di Cell.
Sembrerebbe giusto no? Sbagliato. Goku interviene attraverso il Re Kaioh e gli spiega che loro due sono diversi. Gohan non deve amare la battaglia, è lì per diffendere la terra e questo deve fare perciò non si può arrendere.
Grazie a un intervento di Vegeta – a ribadire che non si può fare tutto da soli – Cell si distrae, Gohan spinge sull’acceleratore e bye bye Cell che muore nell’incredulità totale: Non è possibile, non posso essere sconfitt…
A ribadire come la resurrezione non abbia portato nessun cambio a Cell e questo sia il vero motivo per cui è morto.
Nel mondo di Dragon Ball sopravvivono solo i combattenti migliori e, ormai dovreste averlo capito, migliore non significa più forte ma colui che ricerca il proprio limite o che combatte per la giustizia.
Seguono rapide vignette distensive: si festeggia la vittoria, si torna da Dende e si resuscitano i morti col Dio Drago. Crilin conclude il suo arco romantico con 18 chiedendo al Drago di rimuoverle la bomba. Scopriamo che 17 e 18 sono gemelli e il ci vediamo di 18 ci fa presagire che in futuro fra i due nascerà qualcosa.
Il finale più interessante è quello di Vegeta che dopo la morte di Cell se ne va dalla battaglia disintegrato nell’orgoglio dicendo non combatterò mai più. È il massimo compromesso che un personaggio come Vegeta può ottenere. Vegeta non sarà mai un supereroe come Gohan ma ha capito che combattere come faceva prima e cioè come Cell significa solo la morte. Dovendo scegliere a quale anima obbedire abbandona per sempre la battaglia (sappiamo che non sarà così ma ricordiamoci che Majin Bu non era previsto in questo momento da Toriyama).
Oltretutto morto Goku Vegeta non ha più una funzione narrativa non potendo più essere il rivale di nessuno, è un personaggio, si dice, narrativamente morto/esaurito.
Il giorno dopo tutti i personaggi col lutto al braccio (tranne Vegeta) salutano Trunks che ritorna nella sua epoca per sconfiggere i suoi di Cyborg. La scena è velocissima e c’è giusto spazio per un momento di lacrime virili in cui Vegeta riconosce apertamente in Trunks un figlio.
Trunks nella sua epoca uccide i Cyborg e infine Cell riportando la pace. Le parole con cui Toriyama di fatto chiude Dragon Ball sono un monito per le future generazioni e un invito ai lettori a combattere: “Adesso sulla terra regnerà la pace, almeno finché ci sarà Trunks”.
Come dicevamo, non importa quanto siate forti, l’unico nemico che non si può battere è il tempo: adesso capiamo perché questa saga si è aperta proprio con un viaggio nel tempo.