Un grande saluto a tutti, in puro stile Capitano Spock ovviamente.
Stavo tranquillamente nel mio tepee a fumare un enorme cannone ponderare sul senso dell’esistenza e dell’infinito ignoto, quando un mio vecchio amico mi ha proposto di collaborare con lui alla conquista del mondo divulgazione di materiale profondamente Nerd. Dopo aver accettato spontaneamente, eccomi qua, quindi, alla compilazione della mia prima perla di non richiesta saggezza.
Mercoledì 23 ottobre sono andato al cinema per gustare la proiezione esclusiva di un restaurato Ritorno al futuro parte II, in occasione del millantasettesimo anniversario; buio in sala, spot promozionali dei prossimi film (sarebbe stato più divertente vedere i trailer dei coming soon del 1989, ma vabbe’) e via col film. Nei titoli di testa però appare una cosa di cui francamente non mi ricordavo: è prodotto da Steven Spielberg. La mia reazione spontanea è stata: «Pure qui!?». Ebbene sì, il primo uomo ad aver fatto volare una bicicletta con un alieno nel cestino ha messo le mani pure su questa celebre saga.

Ora, alzi la mano chi di voi ha mai saputo di un film diretto o prodotto da Steven Spielberg che sia stato un flop. Seriamente, nessuno? Magari qualcuno di voi starà dicendo:«Eh, ma io mica me la ricordo tutta la filmografia di Spielberg», allora cliccate qua e scorrete la lista. Forse l’unico non proprio successo è il discutibile “Le avventure di Tin Tin nel paese dei Leocorni agita e gusta”, solo che se poi si ha la pazienza di scorrere fino alla voce incassi si scopre aver fatto 373 milioni di dollari. Lionel Messi potrebbe risponderci che lui 373 milioni li ha fatti con l’imbarazzante spot di chat per telefonipheeghi, ma, citando l’umile sceicco Al-Khelaifi, potremmo rispondergli sobriamente:«stai bravo Leo, o con quei 373 milioni ti ci paghiamo la clausola rescissoria del Barcellona e ti usiamo come fantolin da culo sui pescherecci della Findus».
Dunque è così, oltre a Re Mida anche Spielberg pare convertire in oro tutto ciò che tocca; oltretutto mostra anche di avere una certa propensione alle saghe. Ma veniamo al film.
Ritorno al Futuro parte II comincia proprio dove ci aveva lasciati il primo: un’entusiasta Marty McFly ha appena scoperto di aver notevolmente migliorato la qualità della vita sua e della propria famiglia tornando indietro nel tempo. Mentre apre il garage per trovarvi dentro il sogno americano da strada, un ignorantissimo pickuppone a trazione integrale, viene sorpreso da Doc, il pettinatissimo Christopher Lloyd, appena tornato dal futuro. A quanto pare nel 2015 succederà qualcosa che rovinerà per sempre la famiglia di Marty.
Qui scatta inevitabile la prima riflessione: nel momento in cui scrivo mancano due anni precisi al giorno in cui Micheal J. Fox arriverà da noi! (Per l’esattezza il 23 ottobre 2015).
Da qui la seconda riflessione: come se lo immaginavano l’imminente 2015 nel 1989? Ma chiaramente in puro stile anni ’80, ovvero macchine volanti, televisori a schermo piatto giganti (e qui ci hanno visto giusto), Nike Blazer (tornate di moda con due anni di anticipo!) auto-allaccianti e vestiti in pelle lucida con imbottiture casuali (un po’ come se tutti dovessero tirare fuori un Ducati Monster dal taschino o fare un po’ di sadomaso random da un momento all’altro).

Una volta nel futuro Marty ha la pensata che qualunque sano di mente avrebbe: perché non sfruttare le informazioni sul passato, che nel 1989 sarebbe futuro, a scopo di lucro? Più precisamente, perché non comprarsi un bell’almanacco sportivo con tutti i risultati sportivi dal 1950 al 2000?
Siccome il film è prodotto anche dalla Disney, Doc Emmett dice di aver inventato la macchina per meglio comprendere il genere umano, e non per farci soldi. Così il povero Marty butta via il giornaletto, non accorgendosi però di essere spiato dal cattivone della saga, cioè Biff.
Dal momento che Biff è cattivo lui l’idea la può sfruttare, così all’insaputa dei protagonisti ruba la DeLorean del tempo e torna nel 1955 per dare il libretto al se stesso di quell’epoca spacciandosi per un suo lontano parente.
Quando il dinamico duo ritorna nel 1985 (non è un errore, il film è ambientato in questo anno) tutto è cambiato: la casa di Marty è abitata da un sosia di Micheal Jordan e il suo quartiere è caduto talmente in malora che i suoi residenti girano armati fino ai denti.
Il motivo è uno solo: Biff ha vinto una fortuna scommettendo ripetutamente e vincendo grazie al mitico libretto di cui sopra.
Biff già che c’era ha ucciso George McFly e sposato sua moglie, quindi ora è pure il babbo di Marty.
Marty insieme a Doc Scopre la causa di tutto e così comprendono che esiste solo un modo per salvarlo: tornare indietro nel 1955 e impedire che Biff dia a Biff il libro dei miracoli.
A questo punto del film mi è sorto però un dubbio. In quanto Nerd mi sento in dovere di masturbarmi mentalmente sulle segate fantascientifiche escogitate dagli autori dei miei film preferiti per trovare quelli che sono errori, vuoi scientifici o di altro tipo.
Nella fattispecie, Marty si incontra con Doc e quest’ultimo gli spiega cos’è successo: il Biff del futuro modificando il passato ha creato un presente alternativo. il problema sta che Doc lo spiega come se si trattasse di un universo parallelo, disegnando infatti su una lavagna una retta tangente che porta a un 1985 B.

Invece semplicemente modificando il passato cambiano il 1985 attuale, non creano un universo parallelo; per dirla graficamente, restano sulla retta principale non vanno su una tangente.
Ma questo è veramente un pheeppone eccezionale e infatti capisco i vostri sguardi accigliati da “ho preso più debiti io a fisica che tangenti Berlusconi, c@xxo vuoi me ne freghi?”. Passo quindi alla seconda masturbatio mentalis.
Quando i nostri decidono di partire alla volta del 1955 lasciano nel loro presente la ragazza (non ha nome perché è inutile) e il peloso Einstein. Doc dice che la pupa e il cane non si accorgeranno di niente e quindi non capiranno nulla mentre la realtà si modifica intorno loro. Ma se, come dice Doc prima, loro sono in un universo parallelo, non dovrebbero rimanere intrappolati lì per sempre?
Mentre formulavo queste ipotesi è apparso un micro sceicco Al-Khelaifi nel mio cervello che, sempre umilmente, mi ha mostrato cosa fa fare ai calciatori del PSG quando lo contraddicono.
Adesso non ho dubbi: NON esistono difetti di alcuna sorta in Ritorno Al Futuro 2.
Tornando alla trama, adesso Marty e Doc sono nel 1955, nello stesso identico giorno in cui era andato Marty nel primo film. L’escamotage è meraviglioso: permette allo spettatore di vedere come delle specie di retroscena del primo film; in effetti questa parte è quasi uno spin-off del primo film perché stavolta Marty seguirà la giornata di Biff giovane, anziché quella di suo padre e sua madre.
Così scopriamo che Biff è succube della nonna, cattiva forse più di lui, scopriamo che ha un talento per i motori e vediamo il momento in cui il vecchio Biff gli consegna l’almanacco sportivo.
Da questo momento è tutto un continuo colpo di scena dove Marty cerca, sempre sul filo della tensione, di recuperare la rivista.
Si aprono nuovi retroscena basati sull’avvenimento ormai cult di Ritorno al Futuro 1, ovvero il ballo della scuola. Stavolta la telecamera riprende ambienti diversi, così finiamo nell’ufficio del Preside, che scopriamo essere un alcolizzato, e assistiamo da lontano alle scene del parcheggio dove George McFly stenderà il giovane Biff con un pugno e il Marty del primo film verrà assoldato dal cugino di Chuck Berry, Marvin Berry, per suonare la chitarra al suo posto.
I colpi di scena si susseguono a batter d’occhio, assistiamo nuovamente alla performance di Johnny B. Goode con un Marty che suona la chitarra sul palco e un altro che cerca di proteggerlo dagli scagnozzi di Biff che vogliono fargli la pelle.
Alla fine tutto va per il meglio – dopotutto la produzione è Disney – l’Almanacco viene distrutto e il Marty del primo Ritorno al Futuro fa ritorno a casa sua.
Il nostro Marty però no, mentre stanno per partire la DeLorean viene colpita da un fulmine sparendo improvvisamente.
Pochi istanti dopo arriverà un impiegato delle Poste Italiane degli Stati Uniti d’Africa, che sembra più un cacciatore di taglie a dire il vero, pronto a consegnare al nostro eroe una lettera vecchia di 70 anni di Doc, dove lo stesso Emmett Brown tranquillizza noi tutti dicendo di essere sempre vivo e di non volere tornare perché sta bene dove si trova.
Marty è contento e il film finisce così, con un trailer finale che anticipa Ritorno Al Futuro Parte III; la location sarà il mai banale vecchio West.

Visto che avete resistito a cotante corbellerie da me medesimo vergate vi dono un po’ di chicche, roba reperibile su un qualsiasi wikipedia, ma vista la proverbiale pigrizia di noi Nerd spelluzicatori di Blog, ve le scrivo qui, anziché pigramente linkarvi un sito utile.
Una volta nel futuro Marty entrerà in un caffé stile anni ’80 (dopotutto ora vanno di moda i localli anni ’50, non vedo perché fra un paio d’anni non debbano esserci quelli anni ’80); l’ambiente è bombardato di immagini, video e canzoni di Micheal Jackson, l’indimenticato pedofilo che raggiunse l’apice della propria carriera proprio in quegli anni. In un angolo c’è un videogame western, una specie di progenitore di Time Crisis o The House of Dead, quei giochi con la pistola invece del joystick, per intendersi. Uno dei due bambini che sta provando a far partire il videogioco è niente-popò-di-meno-che Frodo Beggins il quale, quando non è impegnato a camminare scalzo per la terra di mezzo, inganna il tempo come attore sotto lo pseudonimo di Elijah Wood.

Durante la sua passeggiata per la Hill Valley del 2015, Marty McFly viene “investito” dal trailer olografico de Lo Squalo 19, diretto da Max Spielberg. Steven Spielberg ha un figlio di nome Max, la scena va quindi interpretata come una voluta critica alla mancanza di fantasia dei figli degli artisti i quali pensano sempre di avere lo stesso talento del/dei genitori e ne ereditano miseramente il mestiere (leggi Sean Lennon) oppure, quelli un pochino meno viziati, ma con una boria maggiore che li rende convinti di possedere anch’essi comunque del talento, i quali fanno un altro mestiere ma sempre in un campo artistico o d’elite (leggi Stella McCartney).
Il personaggio che fai il collega cattivo di Marty McFly del futuro e, nel terzo capitolo della saga fa la parte del teppista che lo sfida in una corsa automobilistica, è l’unico – e per imbarazzanti motivi di estetica ortodonsistica – inimitabile Micheal Balzary, il bassista di una rock-band losangeliana nota per esibirsi con un calzino sul pipino. Probabilmente se lo chiamassi col suo nome da battaglia, cioè Flea, capireste tutti che sto parlando dell’iper-tatuato musicista dei Red Hot Chili Peppers, ma non ve lo dirò perché anch’io sono cattivo.
In una prima sceneggiatura, proprio per punire l’attore Crispin “MacBacon” Glover, l’interprete di George McFly nel primo film, che non ha voluto partecipare alle riprese del secondo episodio, nel futuro del 2015 avrebbe dovuto essere morto, e per sua moglie era prevista una versione di lei hippie e svalvolata, ma la Disney, più cattiva dei cattivi dei suoi cartoni animati, disse che questo non era conciliabile con la sua politica aziendale, a meno che gli incassi del film non fossero devoluti ad un qualche partito anti-semita.
Con questo è tutto miei cari, il vostro Grande Capo Penna Stanca si è stancato e vi saluta.
Alla prossima nerderia!