Sethian o come imparare una lingua aliena con un videogioco
In Sethian interpretiamo un archeologo, disperso su una colonia spaziale abbandonata, chiamato a fare luce sul mistero che circonda la scomparsa della relativa popolazione; un terminale, rimasto incredibilmente integro e funzionante, è l’unico strumento con cui poter interagire, con un inconveniente: il terminale è programmato per rispondere a comandi impartiti solo nella lingua nativa del luogo.
Il gameplay si risolverà allora nell’interrogare la piattaforma digitale, mediante l’interazione con uno schermo dal quale selezionare i caratteri, ricevendo di conseguenza una risposta dal dispositivo.
In un taccuino, consultabile con un semplice click sul tasto destro del mouse, verranno appuntati tutti i vostri tentativi e lo stadio di avanzamento della decifrazione; un reale tutorial è di fatto inesistente ma nel taccuino si possono ritrovare altri tipi di spunti, sotto forma di riflessioni, pensieri estemporanei, e consigli utili alla scopo.
«I want to share the experience of learning a language, as I understand it: Language is a vessel for culture, and by absorbing language, you absorb the cultural attitudes and assumptions of its speakers. You experience a new way of thinking. / Voglio condividere l’esperienza di imparare una lingua, almeno per come la concepisco: la lingua è come un vascello per la cultura e, assorbendo il linguaggio, assorbi anche gli atteggiamenti culturali e e i presupposti di chi lo parla. Esperisci un nuovo modo di pensare.»
Parola di Grant Kuning, lo sviluppatore di Sethian, e promotore della campagna crowdfunding su Kickstarter che ha portato alla sua pubblicazione su piattaforme quali Steam e itch.io.
Con un approccio grafico minimale e un accompagnamento audio altrettanto essenziale, Kuning dà vita a un puzzle game molto complesso, imperniato su dinamiche trial and error, accomunabili alle avventure testuali, tanto popolari negli anni ottanta – quando Zork era una delle serie più blasonate –, nelle quali la prosecuzione dell’avventura e l’interazione con lo scenario di gioco passavano attraverso l’inserimento di comandi testuali e, del resto, anche l’uso unicamente del bianco e nero, per l’interfaccia di gioco, sembrerebbe tributare direttamente il genere.
Eppure, tra le sue fonti d’ispirazione, lo sviluppatore cita insospettabilmente la serie di Morrowind, per la libertà assoluta concessa da un’ambientazione ricolma di vallate, caverne, boschi dove perdersi e un
parco immenso di personaggi secondari con un equivalente numero di avventure in cui cimentarsi.
In Sethian questo amore per la scoperta si riflette nella necessaria comprensione delle dinamiche strutturali di una civiltà aliena, compiuta in parallelo con la progressione nell’interpretazione dell’idioma.
L’Odissea linguistica vissuta dal giocatore si identifica con un viaggio in una società sconosciuta; una spedizione etnologica nello spazio che non può astenersi dal riguardare anche la storia, la politica e i costumi propri di un popolo.
Una linguamondo
Le radici immaginate da Kuning, all’interno del gioco, sono circa un centinaio; l’aspetto delle radici – così ci si riferisce in linguistica agli elementi irriducibili, non ulteriormente suddivisibili, di una lingua – ricorda forme provenienti dalla geometrica euclidea, ma anche solidi platonici o coniche, mentre per quanto riguarda le regole che gestiscono la composizione delle parole è evidente l’influsso del cinese sullo sviluppatore (Kuning ha insegnato inglese in Cina per qualche semestre): infatti i segni, afferenti ad ambiti di significato distinti, si possono comporre in più varianti, dando vita a parole di senso completamente diverso.
L’autore sintetizza il procedimento in questo modo:
«The game’s language does not use an alphabet. Instead, it uses a series of 100 unique symbols to represent each of the language’s 100 roots. These function as words on their own, but also combine to form new words. Here’s an example: you know what a foot is, you know what a ball is, and together they make a new word, football. Here’s another: “no” + “where” = “nowhere”. Now here’s an example in Chinese: 酒 means alcohol, and 杯 means cup, but a 酒杯 is a wine glass. This kind of thing is actually even more common in Chinese than it is in English. / «Il linguaggio del gioco non utilizza un alfabeto. Invece, utilizza una serie di 100 simboli unici per rappresentare ciascuna delle 100 radici della lingua. Queste funzionano singolarmente come parole, ma si combinano anche per formare nuove parole. Ecco un esempio: sapete che cosa è un piede, cosa invece una palla e insieme formano una nuova parola, calcio. Ecco un altro: “no” + “dove” = “da nessuna parte”. Ora ecco un esempio in cinese: 酒 significa alcol, e 杯 significa tazza, ma un 酒杯 è un bicchiere di vino. Simili dinamiche sono in realtà ancora più comuni in cinese che in inglese.»
Se un patrimonio di 100 radici può sembrare esiguo per consentire a una civiltà evoluta di comunicare in maniera esauriente, si tratta invece di un numero di alternative di tutto rispetto per architettare veri e propri rompicapi mascherati. Inoltre il game designer ha tarato la selezione in modo tale da rendere comunque possibile l’approfondimento della lore del gioco; quindi, magari non ci sarà data la facoltà di invitare a una cena galante il nostro terminale, ma il modo per ottenere qualche informazione in più sul passato della colonia sarà sempre a nostra disposizione e starà all’abilità e alla curiosità del giocatore scoprirlo.
Story of your life
I presupposti su cui è stato congegnato Sethian sono straordinariamente simili a quelli di un racconto fantascientifico scritto da Ted Chiang, romanziere statunitense, nel 1998: Story of your life, vincitore del premio Nebula, edito in Italia da Frassinelli e adattato al grande schermo da Denis Villeneuve – il regista di Sicario –, in Arrival.
Nell’opera di Chiang sono gli alieni a fare visita all’umanità, comparendo improvvisamente, in diverse parti del pianeta, su delle grandi navicelle sospese a mezz’aria; la narrazione è incentrata sui tentativi della linguista Louise Banks, affiancata dal fisico teorico Gary Donnelly, di comprendere la lingua dei visitatori in modo da interagire con loro e comprenderne le intenzioni.
La difficoltà dell’impresa risiede nel fatto che la lingua parlata dagli alieni, non solo risulta apparentemente incomprensibile all’ascolto, ma segue una struttura e delle regole coerenti con la fisiologia e la conformazione fisica, del tutto difforme da quella umana, dei suoi parlanti.
Per esempio, nell’idioma degli Heptapods – così battezzati dai protagonisti per le sette estremità mediante le quali rispondono – scritto e parlato non coincidono, tanto che Banks, per tentare anche solo una prima interazione, dovrà concentrarsi sulla classificazione dei simboli del linguaggio scritto (chiamato Heptapod B, per differenziarlo da quello parlato, Heptapod A), in modo da ricostruirne le complesse dinamiche.
Non solo, gli alieni non abbinano i loro logogrammi – segni grafici che in linguistica identificano una parola di una data lingua – in un unico senso determinato, ma lo fanno ruotandoli o modificando la forma degli stessi a seconda dell’occorrenza, questo perché vantano molteplici organi visivi disseminati in parti diverse del corpo, quindi probabilmente la loro ottica peculiare li rende estranei a concetti, per noi basilari, come “avanti” o “indietro”:
«“So they can read a word with a equal ease no matther how it’s rotated,” Gary Said. […] “I wonder if it’s a consequences of their bodies radial symmetry: their bodies have no “forward” direction, so maybe their writing doesen’t either.” / “Quindi possono leggere una parola con la stessa facilità, infischiandosene di come è ruotata”, disse Gary . […] “Mi chiedo se siano le conseguenze della simmetria radiale: i loro corpi non hanno una “avanti “, forse neanche la loro scrittura.”»*
Linguaggi subliminali
Questo non solo complica drammaticamente il compito dei protagonisti, dato che le parole scritte restano “galleggianti” e, per una prospettiva umana, confuse nelle loro composizioni, ma ribadisce un profondo rapporto bilaterale tra il linguaggio e gli enti parlanti. Con il proseguire della storia quest’aspetto acquisterà un peso specifico sempre maggiore dato che verrà esplorato anche da un’altra angolatura: se la lingua infatti si evolve e muta per adattarsi alle esigenze dei parlanti, gli stessi parlanti, considerati nel graduale stratificarsi generazionale, saranno condizionati dalle specificità della lingua.
Basti pensare che nei manuali militari cinesi e giapponesi del ventesimo secolo ci si riferisce alla virtù con il termine ren, nel primo caso, e zhong, nel secondo; ren, un composto della grafia di uomo e del numero due, rinvia a ciò che fa l’uomo come parte della società mentre zhong significa, nella sua prima accezione, fedeltà.
In sostanza, se all’esercito cinese veniva richiesto, passivamente, di essere parte di un tutto, quello giapponese è costantemente richiamato alla fedeltà nei confronti di un capo**. Le influenze subliminali passive giocano un ruolo cruciale in Story of your life, sottolineato anche nella trasposizione cinematografica, dato che Banks, nell’addentrarsi in maniera sempre più ossessiva nelle pieghe di quella lingua ignota, comincerà ad assimilare aspetti intimi del popolo alieno, a coglierne i risvolti psicologici tanto da mutuarne proprietà insospettabili fino a trascendere in riflessioni più universali, su concetti quali spazio e tempo.
Sia per Sethian che per Story of your life l’intento è quello di raccontare una storia; innescare l’empatia tra il giocatore/lettore/spettatore e degli esseri “altri”, totalmente esterni ai costumi della logica ordinaria. In entrambi i casi gli autori hanno scelto di battere strade desuete, anche sfidando il pubblico, limitando, almeno superficialmente, il numero effettivo degli eventi o delle azioni, con il proposito di offrire un’esplorazione sicuramente esigente in termini di per capacità di astrazione e di concentrazione ma potenzialmente vasta e sconfinata quanto solo un universo può esserlo.
Un universo celato nel linguaggio.
* Testo originale tratto da: Ted Chiang, Story of Your Life and Others, Pan MacMillan, London 2015.
** Per approfondire l’argomento: André Chieng, La pratica della Cina. Cultura e modi del negoziare, O Barra O Edizioni, Milano 2012.