Partiamo da una premessa: in genere, non mi piacciono gli sparatutto (né in prima, né in terza persona). Odio il multiplayer online, se gioco ad uno sparatutto faccio solo la modalità single player e solo se la storia è interessante.
Bene, ora che abbiamo chiarito come stanno le cose, sappiate che Binary Domain rientra proprio in questa categoria di sparatutto che mi piace giocare.
Pubblicato da SEGA nel 2012, Binary Domain è un tps (third person shooter) dal comparto tecnico buono, grafica carina, boss fight ben costruite e, soprattutto, molto, molto sottovalutato (non è neppure doppiato troppo male).
Non si capisce bene per quale motivo questo gioco sia passato in sordina, ed è un vero peccato: il suo punto di forza (che è anche il motivo per cui vi consiglio di giocarlo) è la trama.
La vicenda narrata è, a suo modo, semplice ma di grande impatto; se volessi raccontarvela ci metterei massimo un centinaio di righe, ma non è questo il punto: il punto è che questo è uno dei pochi giochi, almeno tra quelli da me giocati, che durante lo svolgersi della trama mette il giocatore davanti a un dilemma etico e morale che, di fatto, è senza soluzione. Non voglio raccontarvi quale sia, visto che altrimenti vi rovinerei tutto, ma proverò a descrivere la trama di fondo, l’incipit, per sperare di interessarvi un po’.
Anno 2080, il mondo è appena uscito da una fase post-apocalittica grazie alla manodopera fornita da numerosi androidi. Tutti gli stati del pianeta hanno stipulato una seconda convenzione di Ginevra che regola la diffusione dei robot: in particolare una clausola vieta la produzione di androidi indistinguibili dai comuni esseri umani e la realizzazione di intelligente artificiali paragonabili a quella umana. Questo per evitare tutti i problemi etici (e non solo) descritti nei romanzi di Aasimov.
Un bel giorno però, un tale inizia a sparare all’impazzata all’interno di un edificio: sembra essere il solito terrorista, ma, una volta abbattuto, si scopre che era un robot dalle sembianze umane. Aveva una sua vita, ed era in giro negli USA da più di 30 anni (con tanto di cittadinanza!). Si tratta di una palese violazione della convenzione e non ci vuole molto a capire da dove proviene: il primo indiziato è Amada, proprietario delle omonime industrie robotiche giapponesi. Dan (il protagonista controllato dal giocatore) è membro di una forza speciale d’assalto multinazionale inviata in Giappone per arrestare arrestare il magnate. A lui si uniranno due soldati inglesi, un commilitone americano, una cecchina megagnocca cinese e due agenti francesi.
Ovviamente, in questo momento, vi state dicendo: “sì, vabe’, ma che storia banale, ovvio che alla fine si scoprirà che anche il protagonista è un robot.” O, anche: “sì, sì, le macchine che si ribellano al creatore, già sentito.” Oppure: “sicuramente si dovrà scegliere con chi schierarsi, capirai il dilemmone.”
Ecco, vi sbagliate. Anzi, non ci siete neppure vicini. Inutile che vi scervelliate, fidatevi.
Sappiate comunque che non c’è scelta nel gioco: non ci sono finali alternativi. La scelta che il protagonista deve compiere (ripeto, totalmente fuori dal nostro controllo) è impossibile e deriva da un dubbio morale ed etico di quelli che farebbero impazzire per anni i filosofi, riempirebbero i talk show e monopolizzerebbero, addirittura, le puntate di pomeriggio 5…
Adesso vi ho incuriosito? No? Mi spiace, colpa mia. Ma non è facile farlo senza spoiler… volete un ultimo consiglio?
Giocatelo. Tanto non è lungo, in 7 ore di gioco ve la cavate e vi garantisco che ne vale la pena. Anche (anzi, soprattutto) se non siete amanti del genere.
Binary Domain era stato quasi regalato con un humble bundle qualche mese fa. Ora potete trovarlo su Steam, o altri store online senza problemi, oltre che su X360 e PS3