Reading is just as creative an activity as writing and most intellectual development depends upon new readings of old texts. I am all for putting new wine in old bottles, especially if the pressure of the new wine makes the old bottles explode.
— Angela Carter, Notes from the Front Line
Nella seconda metà del Novecento, la sensibilità letteraria postmoderna – caratterizzata dalla commistione di forme e generi, dall’interesse per stili di narrazione non realistici e dall’uso di pratiche intertestuali e autoriflessive – ha mostrato un rinnovato interesse per la fiaba. Pur mantenendo vivo il dialogo e la riconoscibilità con la tradizione, basti pensare a La corte di Mr Lyon, le versioni postmoderne mettono in luce la stereotipia delle trame e della caratterizzazione dei personaggi, esplorando i significati latenti, suggerendo nuove motivazioni per le azioni o persino inediti orientamenti ideologici: il risultato è “disenchanting”, disincanto. Una nuova forza, poi, caratteristica degli studi letterari del dopoguerra e caratteristica anche de La Camera di Sangue, è senz’altro costituita dalla critica femminista.
Linda Nicholson ha evidenziato la comunanza di obiettivi, tra postmodernismo e femminismo, rispetto al ripensamento dei rapporti tra filosofia e critica sociale: ci sono dei punti di contatto, anche perché le teorie critiche femministe hanno messo in luce come verità percepite universali, a un’attenta riflessione, si rivelino contingenti, parziali e storicamente determinate. Se nelle fiabe ci sono elementi sessisti, se modelli femminili all’insegna della passività e della tribolazione possono inibire l’emancipazione delle nuove generazioni o se, al contrario, la presenza di paradigmi patriarcali possa leggersi come rito di iniziazione – come se la persecuzione fosse metafora dei problemi e ostacoli che una giovane deve affrontare per raggiungere maturità e realizzazione personale – è ancora in dibattito. Certo è che l’insoddisfazione verso i ruoli femminili delle fiabe è dovuta alla canonizzazione di stesure fiabesche che presentano stereotipi sessisti assenti nelle versioni orali.
Jack Zipes dimostra che le versioni dei Grimm o di Perrault di Cappuccetto Rosso hanno trasformato una vicenda di iniziazione, in cui la protagonista riesce ad auto-difendersi, in una storia misogina in cui è sciocca o adescatrice quanto disobbediente e bisognosa d’aiuto. Angela Carter, che ha avuto ruolo primario anche nel recupero e nella riscrittura delle fiabe della tradizione popolare che ospitano personaggi femminili intraprendenti, ne La Camera di Sangue e altre storie, attua una nuova scrittura con un diverso punto di vista, certamente dirompente.
La raccolta di dieci “short stories”, pubblicata nel 1979 e vincitrice del Cheltenham Festival Literature Prize, è da molti considerata una rielaborazione delle fiabe a matrice patriarcale, sebbene la Carter non fosse concorde. Il suo intento fu, piuttosto, quello di esporre il contenuto abissale, il nucleo segreto delle fiabe.
I was taking the latent image – the latent content of those traditional stories and using that; and the latent content is violently sexual, and because I am a woman I read it that way.
— Femme fatale: Angela Carter’s The Bloody Chamber, Guardian, articolo di Helen Simpson
Angela Carter fu ispirata, in fase di scrittura, dalle opere di Bruno Bettelheim – l’impulso a rovistare nelle componenti psicologiche della fiaba fu irresistibile; il suo lavoro di archeologia, tanto narrativa quanto tematica diede vita a un’opera mai satura di tetraggini, che andava a sfidare le asserzioni di Bettelheim esumando topoi che, nella fiabistica, sono abilmente dissimulati quali: violenza sessuale, tortura, assassinio, incesto e cannibalismo. La Camera di Sangue e altre storie venne pubblicato due anni dopo la sua traduzione delle fiabe di Charles Perrault e molto traggono dalla sua visione originale, sebbene l’esito sia differente: si dà, infatti, voce a una minoranza silenziosa presentando, in tendenza con la riscrittura femminista, identità femminili divise, problematiche, frammentarie – come la pianista bambina de La Camera di Sangue impegnata in una catabasi negli abissi della psiche disturbata del marito sadico e omicida: consapevole della componente mercenaria della sua attrazione per lui e della degradazione cui è sottoposta in un rapporto coniugale non equilibrato per età, status sociale e condizione economica.
Angela Carter si addentrò nell’esplorazione dei lati oscuri e misconosciuti della femminilità e dei rapporti tra i sessi – ne sono esempi: La Sposa della Tigre, La bambina di neve, Lupo-Alice.
Di stampo postmoderno è anche la ricorrente rivisitazione del lieto fine fiabesco: la sua Bella, per esempio, rifiutando di riconoscersi in un modello femminile sottomesso e artificioso, che ha come solo scopo il compiacimento del desiderio maschile, si trasforma in Bestia: un finale coerente col suo desiderio di emanciparsi.
Una rielaborazione che, insomma, strappa Cappuccetto Rosso e la Bella dall’annacquata protezione della “nursery” e le trasporta nei labirintici corridoi della sessualità femminile.