Una delle migliori novità seriali di quest’anno viene dall’Amèrega, dalla penna di Sam Esmail e prende il nome di Mr. Robot.

Non si tratta di un progetto rivoluzionario come Breaking Bad o True Detective, nient’affatto: Mr. Robot è una serie di taglio moderno ma dall’anima classica, semplicemente scritta molto, molto bene.

Elliot (favolosamente interpretato da Rami Malek) è un ragazzo tra i venti e i trent’anni (l’età non viene mai rivelata, si va a occhio) che di giorno lavora come programmatore della AllSafe (società informatica che produce sistemi computerizzati di sicurezza per le aziende) e di notte hackera mail e profili di probabili criminali per consegnarli alla giustizia.
Elliot è però anche un sociopatico patologico dipendente da morfina il cui sogno è abbattere il sistema capitalistico dall’interno. Come Riuscirci? hackerando i registri delle banche e cancellando il debito pubblico mondiale.

Ambizioso.

I sogni di Elliot trovano la possibilità di realizzarsi grazie all’incontro con “Mr. Robot”, uno strano tizio sui cinquanta vestito come un rappresentante di una ditta di giocattoli che ha messo su una squadra di hacker nella sala giochi abbandonata di un Luna Park. Quest’uomo ha un piano preciso: colpire la E-Corp (rinominata affettuosamente da Elliot: Evil-Corp, corporazione del male) mega-iper-società che rappresenta nell’immaginario collettivo i vari Lehman Brother’s, Mac Donald, Apple, Microsoft della domenica e che distruggendola cambierebbe davvero lo status quo – annullando, di fatto, il debito pubblico mondiale .

È chiaro il pubblico a cui ci si rivolge e che realtà si cerca di rappresentare: i fan del complotto e gli amanti del thriller troveranno una storia che parla di Anonymous, Occupy Wall Street e Wiki.Leaks, o meglio, troveranno una storia che esamina con magistrale distacco tutti gli aspetti del Web 3.0.

Fuck Yeah!

Siamo proprio dalle parti dei gonzi che si mettono le maschere di Guy Fawkes perché l’hanno visto in V per Vendetta e credono che il 5 novembre dovrebbe essere festa mondiale, siamo a tre passi dal blog di Beppe Grillo e dalle sue congetture sul signoraggio e la dittatura delle banche, però non siamo lì né per difendere le multinazionali, né per canzonare i grillini.
Lo scandalo di WikiLeaks, L’attacco a iCloud (noto come The Fappening) e altre violazioni informatiche più o meno note ci dimostrano come il pericolo degli hacker e il potere che questi possono esercitare non sono fantasie sceme o congetture da quindicenni obesi e brufolosi col codino unto. La nostra privacy è sotto scacco (provate a digitare il vostro nome su google: sono apparse vostre foto, vero?) ditte pubblicitarie di cui neanche siamo in grado di pronunciare il nome posseggono i nostri dati più intimi a scopo “pubblicitario”, nonostante firmiamo per ore e ore ogni volta quindici pagine di documenti sulla tutela della nostra privacy. Grazie a Facebook, Instagram, Twitter, chiunque può sapere di noi e farsi di noi un’idea (giusta o sbagliata che sia) in base a informazioni che noi rilasciamo quotidianamente in rete.

La vera forza di questa serie sta proprio nella puntualità con cui questi aspetti della modernità vengono sottolineati, il modo in cui mostra le contraddizioni del web è lucido, oggettivo e mai pretestuoso.
Elliot non è il salvatore della patria, è uno stronzo che sfrutta lo stesso sistema che tanto critica per raggiungere i propri scopi; se guardato nella giusta ottica Elliot è uguale alla stessa E-Corp che combatte: l’azienda sfrutta le informazioni per il product-placement, lui per avere raggirare le persone; vedremo Elliot annientare psicologicamente persone innocenti sfruttando informazioni rinvenute su Facebook, così come la Evil Corp sfrutterebbe la tua foto profilo con il poster de “L’Uomo Ragno” alle spalle per cominciare casualmente a riempirti di banner pubblicitari della Marvel ogni sito in cui navighi.
Ma vedremo anche i limiti di questo sistema, attraverso Shayla Nico, ad esempio, la vicina spacciatrice di Elliot che è tutt’altra persona rispetto a ciò che lascia trapelare in rete, mostrando di avere un mondo nascosto di cui Elliot si innamorerà (con spettacolari conseguenze a livello di trama).
È proprio dal conflitto interno di Elliot che prendono piede le migliori riflessioni sulla società e su noi stessi infatti: il protagonista è un sociopatico anaffettivo che vuole distruggere il mondo perché non riesce a integrarsi. Il sogno più intimo di Elliot è essere l’eroe di qualcuno, venire compreso, riuscendo a trovare la sua forma di felicità e il suo spazio nel mondo da riprendere con l’iPhone e condividere a quei quattro o cinque rimbarcati a cui in fondo importa davvero di cosa facciamo o se stiamo bene o male.

«What is it about society that disappoints you so much?»
«Oh, I don’t know. Is it that we collectively thought Steve Jobs was a great man, even when we knew he made billions off the backs of children?! Or maybe it’s that it feels all our heroes are counterfeit?! A world itself is just one big hoax, spamming each other with our burning commentary bullshit, masquerading as insight. Our social media faking as intimacy. Or is it that we voted for this, not with our rigged elections, but with our things, our property, our money?! I’m not saying anything new. We all know why we do this. Not because Hunger Games books makes us happy, but we want to be sedated, because it’s painful not to pretend, because we’re cowards. Fuck society!»

– Mr. Robot 1×01

 

Mr. Robot affronta di petto le problematiche sollevate dal miglior Philip K. Dick, calandole nella contemporaneità e destrutturandole puntata dopo puntata.
Per certi versi si può affermare che la serie parta dalla conclusione di un percorso iniziato dalla fantascienza molto tempo fa: dalla prima scena è chiaro che, nella società attuale, la tua vita non è più solo “tua”; l’interconnessione non è più una scelta: è lo stato delle cose e compone lo stesso concetto di realtà. Il discorso non è più incentrato sull’accendere o sullo spegnere la macchina, quella fase è già superata, la macchina continua a fagocitare e rielaborare dati a prescindere da che tu lo voglia o meno, il punto adesso è che ruolo deciderai di interpretare in un tale contesto.

Definire i confini del reale, cosa possa essere definito tale o meno, era uno dei tormenti Dickiani più ricorrenti, Mr. Robot gioca con quest’angoscia a più livelli, intrecciando fatalmente riflessione sociale e condizione individuale, sollevando continuamente interrogativi etici senza mai fornire realmente una risposta.

Proprio in questa costante tendenza alla vivisezione risiedere l’unicità della serie: non si tratta mai di sciogliere i nodi, ma di mostrare le criticità, le incoerenze e le ipocrisie di una struttura e, paradossalmente, anche di una forma mentis che vorrebbe proporsi come alternativa a quella struttura stessa.
Non per niente fatico a considerare Mr. Robot una produzione fantascientifica: perché la contemporaneità è necessaria alla comprensione della serie. Con questo non intendo dire che la fantascienza non possa parlare dell’attualità (anzi, penso che l’oggetto della buona fantascienza sia proprio quello), ma che non riuscirei a immaginare la storia di Elliot ambientata in nessun altro tempo che non sia il nostro. L’unico argomento della serie è il presente: il modo in cui viverlo, il modo in cui morirne, il modo in cui condizionarlo, il modo in cui divenirne preda.

Sam Esmail e co. non fanno altro che alzare il sipario su questo gigantesco gioco di specchi che si chiama mondo, divertendosi a raccontare ogni riflesso, senza curarsi del fatto che lo spettatore potrebbe, inavvertitamente, perdercisi dentro.

I Consigli del Martedì: Mr. Robot
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