Le liste ti impongono di mettere ordine, fare pulizia: ripercorri trecentosessantacinque giorni, più di ottomilasettecento ore, cinquecentoventicinquemila minuti o trentuno milioni di secondi chiedendoti cosa ti sia rimasto di tutto questo tempo. Se qualcosa sia veramente riuscito a lasciare una traccia in te.
La paura è sempre quella di non avere una risposta.
Rendersi conto che un altro anno è volato via e forse tutto ti è scorso addosso fin troppo rapidamente.
L’obiettivo di un’esperienza, che si parli di un film, un libro, un fumetto ma anche di un concerto, di una cena particolare o di qualunque altra opera che abbia richiesto qualsivoglia forma di ingegno, dovrebbe essere quello di non lasciare indifferente la persona che la vive: nel migliore dei mondi possibili si dovrebbe uscire dalla sala cinematografica o arrivare ai credits di un videogioco o all’ultima pagina di un volume, anche solo in minima parte diversi da come ci siamo entrati.
Basterebbe insinuare un dubbio, fare nascere un pensiero nuovo o restituire un’emozione per riuscirci, eppure più il tempo passa e più ci si scopre impermeabili alle creazioni altrui. Paradossalmente la quantità di cose che consumiamo diventa inversamente proporzionale al numero di quelle che riusciamo a ricordarci.
La nostalgia, del resto, cosa è se non la malinconia del ricordare ciò che un tempo è stato capace di farci vibrare, quando non ci sentiamo più in grado di suonare per alcunché.
E allora ben vengano le liste: ben venga lo sforzo dell’ordine e del pensiero, la fatica del richiamo e l’amarezza dell’accettare che ogni anno, ora, minuto o momento trattenere a sé un frammento di vita è sempre più difficile.
Ben vengano le liste, dicevamo, perché è segno di onestà accettare che tutto scorra diversamente da prima, ma è un dovere umano lottare per trattenere qualcosa affinché tutto non si dissipi nel flusso.
Quindi buon anno e buone esperienze, dalla vostra The Nerd Experience
Dentro me, Alex Cousseau – Kitty Crowther (TopiPittori)
Ai detrattori dell’albo illustrato consiglio “Dentro me” per Cura Lodovico.
Impianto psicologico impareggiabile: esplicazione dei meccanismi infantili che gravitano attorno alla “collera del piccolo dio” e a stati pulsionali di onnipotenza reputata. Ogni battaglia vinta contro il sé istintuale è germinazione di fiori, e imbocco di un sentiero-autoconsapevolezza prossimo all’età adulta…
Chiamatemi Sandokan!, Fabian Negrin – Emilio Salgari (Salani)
“Girare pagina è entrare nel libro”.
Commistione tra reale e
immaginario; irruzione dell’immaginario nel reale: difficilmente può
dirsi meglio la magia della letteratura – difficilmente ha avuto
emissari altrettanto efficaci!
Il piccolo giardiniere, Emily Hughes (Settenove)
La condizione del giardiniere affine a quella dell’artista: entrambi a nutrirsi di quello che suscitano, cui danno vita. La Hughes, come da consuetudine, fa vibrare le corde dell’anima inducendo speranza.
Per citare un vecchio saggio, il mio 2018 si potrebbe definire la “maxistoria di come la mia vita è cambiata, capovolta, sottosopra sia finita”.
Eppure, le tre opere che più hanno caratterizzato l’anno non sono esplosive, bensì riflessive, introspettive.
Mercurio Loi
Ma partiamo proprio da colui che ha fatto della riflessione, del vivere placidamente e tranquillamente il punto di forza della sua vita. Mercurio Loi, serie della Bonelli arrivata da poco al n°14, è una delle grandi scoperte che ho fatto in questo 2018: serie particolare, da leggere con tutta la calma del mondo per godersi ogni aspetto della storia che Bilotta, autore e ideatore del personaggio, ci sta mettendo di fronte ed in cui il più delle volte Mercurio Loi invece che protagonista è spettatore, come noi lettori.
I kill Giants
Lo ammetto candidamente: ho deciso di acquistare il fumetto dopo aver visto il film targato Netflix. E sinceramente, in barba a tutti i puristi del caso, non ringrazierò mai abbastanza. Sarà che la storia mi tocca particolarmente da vicino, sarà che all’inizio pensavo di trovarmi davanti ad una ragazzina che sbriciolava giganti a martellate ed invece ho finito di guardare il film/leggere il fumetto quasi in lacrime, ma questa storia entra di diritto non nella top 3 del 2018, ma nella top 3 della vita.
I Pinguini Tattici Nucleari
Sbaraglio le carte mettendo al terzo posto non un fumetto o una storia, ma un gruppo musicale. I Pinguini Tattici Nucleari sono un vero e proprio gioiello che ho scoperto sul finire di questo 2018: simpatici, irriverenti e musicalmente sorprendenti. Il paragone con gli Elio e le storie tese verrebbe spontaneo, ma il gap generazionale non lo permette. I Pinguini sono figli della loro epoca, specchio della loro generazione: testimoni e bardi di una gioventù brucata.
In realtà la top 3 di quest’anno mi viene alquanto naturale, 1 videogioco, 1 serie TV ed 1 fumetto.
Top Videogame: Spider-Man per PS4
TNon abbiamo ancora scritto su questo gioco perché ha riempito i blog nerd di tutto il mondo – ma è anni luce il miglior videogioco di super-eroi di tutti i tempi (sarà anche grossa ma non mi interessa. mi ci sono gasato come una Ducati sul rettilineo e prometto presto un articolo). Al secondo posto Dragon Ball Fighterz, senza dubbio.
Top Serie: Kobra Kai
Facilissimo. L’ho già scritto ampiamente QUI
Top Fumetti: Macerie Prime
Qua la faccenda si fa più complicata. Direi i due Macerie Prime di Zerocalcare. Il libro (si, per me sono un libro solo, mettevi l’anima in pace) è tutto ciò che l’autore ha sempre negato: un manifesto generazionale. Usando i suoi amici come feticci, ZC è riuscito a delineare in modo perfetto tutte le paure, ansie e contraddizioni della sua generazione. Resta solo un dubbio: dopo un libro del genere, riassunto del pensiero e punto più alto della sua arte, cos’altro potrà inventarsi ZC? non vedo l’ora di scoprirlo. E sì, per me i suoi fumetti sono arte. Stacce
Menzione d’onore: ci tengo a menzionare la raccolta di Martin Mystère uscita con repubblica, che ha ristampato i primi 20 numeri della serie. Le storie sono invecchiate incredibilmente bene – nonostante i quasi 40 anni -, resta un fumetto eccessivamente didascalico, ma se questo non vi disturba recuperateloa, una piacevole riscoperta di questo mio 2018.
Parto da ciò che, senza dubbio, mi è piaciuto di più: quel Dogman di Matteo Garrone che mi ha annichilito in sala con l’autorità di un dramma sacro ambientato nella terra di nessuno di una periferia qualunque.
Dogman
Il regista romano riesce a filmare una storia con la stessa potenza di una tragedia greca e la dignità semplice di una vicenda di borgata: si tratta di un racconto di soprusi e dolore sommesso. Una roba vecchia più o meno quanto il mondo e, per questo, attuale come non mai.
Cinema nella sua forma più intima, primitiva e bella.
*P.S. Ulteriore dimostrazione che Dogman sia un capolavoro è il fatto Garrone sia ora a lavoro su un adattamento di Pinocchio: è costume di ogni regista confrontarsi con Pinocchio dopo avere dato il meglio di sé, così da rovinare tutto immediatamente.
Spider-Man: Into the Spider-Verse
Continuo con quello che, senza dubbio, mi ha stupito di più: quel delirante, eccessivo e discolo Spider-Man: Into the Spider-Verse, che è riuscito a sorprendermi e restituirmi una sensazione di freschezza sempre più rara in un’epoca di remake, reboot e sequel.
Mi sono ricordato per cosa stesse quell’Amazing davanti al nome del personaggio, tanto basta.
Concludo con quello che senza dubbio, non avrei voluto mai sentire: il primo cd che ho masterizzato/dedicato a una ragazza era un cd con solo brani di Prince, Joy in repetition è stata la mia canzone preferita per diversi anni consecutivi, quello di Prince a Milano è stato uno dei concerti più belli a cui abbia mai assistito.
Prince
Prince è stato il musicista più importante nella mia adolescenza, per questo ascoltare Prince – Piano & A Microphone 1983, con la registrazione di quella session solo voce e pianoforte che Prince non avrebbe mai permesso fuoriuscisse dal suo “sacro” forziere se fosse rimasto tra noi è stato al contempo meraviglioso e straziante.
Oh, what the hell, you always surrender
What’s this strange relationship that we hold on to?
Adesso posso ammettere ufficialmente che sono finiti i miei anni Ottanta e lo so che siamo ormai nel 2019 ma, fanculo Principe, avresti potuto aspettare anche un po’ di più.
I bilanci di fine anno sono sempre difficili, si finisce sempre con l’essere influenzati dai ricordi più recenti e ci si dimentica di quelle cose che hanno comunque influenzato prepotentemente i nostri 365 giorni. E se non ci hanno influenzato per lo meno ci hanno colpito.
Cercando quindi di tenere bene a mente cosa mi ha tolto il sonno più di qualunque altra cosa non posso non partire da God of War.
God of War
Su questo gioco è stato detto tutto e per buona parte dell’anno è stato ritenuto indubbiamente il miglior gioco del 2018, poi è uscito Red Dead Redemption 2…
Non ho giocato ai cowboy con la Rockstar (ancora) ma ho ancora vive le immagini di un Kratos vichingo che uccide draghi mentre impartisce una rigorosa educazione spartana a suo figlio. È stato uno di quei giochi a cui non riuscivo a smettere di pensare durante il giorno, mi ha stupito con il suo impatto visivo cinematografico e la sua storia superbamente scritta. Noto con grande soddisfazione come siano sempre di più i giochi “scritti” da autentici team di sceneggiatori e come questo abbia portato un innalzamento della qualità generale. La lezione di The Last of Us in questo senso non è stata perduta, anzi, questi sono tutti suoi figli.
Al secondo posto avrei messo Spider-Man per Ps4 ma lo ha già messo quello scroto secco di Silwe, e allora devo frugare nella mia memoria e vedere cosa ci si nasconde…
Slam Dunk
SQuesto 2018 è stato forse l’anno in cui più mi sono rimesso in pari con le cose perdute o non vissute della mia infanzia/adolescenza. Fra queste il manga di Takehiko Inoue era una di quelle cose che avevo saltato per qualche strano motivo e che solo grazie a un bellissimo articolo sul defunto Prismo ho riscoperto.
Questa storia di sport adolescenziale è semplicemente un capolavoro. Non c’è una vignetta sprecata, addirittura gli spazi bianchi fra un capitolo e un altro diventano un’occasione per arricchire la trama principale di dettagli e sottotesti, una cosa che anni dopo Oda riprenderà in One Piece.
I 5 dello Shohoku sono commoventi nella loro passione e nel loro desiderio di riscatto, il finale poi è il guizzo che immortala quest’opera fra le più grandi narrative di formazione di sempre nel panorama mondiale. Ecco, se per caso non avete mai letto Slam Dunk, trovate un momento nella vostra vita e leggetelo.
Il senso di una fine
Per chiudere direi che non ci sia titolo più giusto dell’ultima opera che ho scelto: Il senso di una fine di Julian Barnes.
Questo romanzo è un giallo intimista, una riflessione del protagonista sul senso della vita e delle cose da un punto di vista semplice e terreno. Non ci sono divinità o perché siamo qui e dove saremo domani, piuttosto il tentativo di dare un senso al tangibile, a ciò che si è fatto ma sopratutto ciò che si è condiviso. Come scoprirà Tony, il più delle volta la Storia è solo la nostra versione della storia. Non si è mai davvero soli nel nostro percorso e quando si chiude qualcosa o si lascia qualcuno, o addirittura quando si viene lasciati, le nostre azioni contaminano quelle degli altri creando reazioni spettacolari e imprevedibili.
Direi che non c’è modo migliore di chiudere un anno se non riflettendo sul senso delle proprie azioni, giusto?
La mia Top 3 del 2018 è molto scarna, e tristemente povera: purtroppo è stato per me un anno molto difficile a livello personale e non sono riuscito a godermi a pieno la maggior parte delle esperienze nerdiche che ho vissuto: nonostante questo, un paio di scoperte mi hanno piacevolmente sorpreso…
Ninja Sex Party
Un’amica (che ahimè non sento più da secoli, Vale se ci sei batti un colpo!!) mi consiglò, quasi per caso, una canzone di questo gruppo (NSP per gli amici).
Il duo è chiaramente umoristico (come si evince dai costumi di Danny e dai testi delle canzoni, che rendono il confronto col grande “Weird Al” Yankovic inevitabile) ma nasconde una conoscenza e una capacità musicale fuori dal comune… fatevi un giro sul loro canale youtube, vi consiglio di ascoltare e godervi sopratutto i video di orgy for one e the hit che sono due piccoli capolavori, oltre che ascoltare i loro due album di cover (rigorosamente anni ’80; non credevo si potesse migliorare Africa, eppure…)
Teen Titans Go – il film
L’animazione di casa DC è una sicurezza e non delude mai: quest’anno è stata insidiata dallo splendido Spider-Man – into The Spider-Verse ma il mio cuore resta ancora coi Teen Titans…
Il film di Teen Titans Go è stupido, infantile e fa un sacco ridere: fin qui potrebbe sembrare un Guardiani della Galassia 2 qualsiasi… e allora perchè sta in Top 3?
Semplice: perchè contrariamente ad ogni mia più rosea aspettativa, ha una una trama. Certo, si tratta di una storia semplice e lineare ma c’è, ed è una caratterisca che ultimamente sempre meno film supereoristici sembrano avere.
È il classico cartone animato per bambini, che però non deve annoiare il papà – e, devo ammetterlo, ci riesce benissimo grazie a gag “a doppia lettura” e un sacco di citazioni buffe ma intelligenti. Bravi Titans, non deludete mai.
Le case della follia
Premessa: non sono mai stato un grandissimo fan dell’universo di Lovecraft, con le sue creature aliene, tentacolari e ambientazioni da inizio ‘900; le Case della Follia però, è un gioco che mi ha colpito un sacco. Ma veramente tanto.
La tematica Lovecraftiana ultimamente sembra essere di gran moda tra i giochi da tavolo, a partire da Arkham Horror in giù – le case però si distingue dalla massa per le sue meccaniche particolari, guidate da una App (per android, ios o pc) che farà un po’ da “master” nell’avventura che i giocatori hanno scelto di affrontare.
So che i puristi del gioco da tavolo storceranno il naso leggendo queste righe ma, date retta a uno scemo: provatelo.